Il papa non può tacere
su cardinale e pedofilia

IL 21 GIUGNO papa Francesco torna a Napoli dopo la prima e unica visita avvenuta nel marzo del 2015. Il papa però non può venire a Napoli e continuare a glissare su un nodo gravissimo come quello dei preti pedofili sui quali da molto tempo la curia partenopea e il cardinale Crescenzio Sepe hanno deciso di non intervenire.
La vicenda principale riguarda Arturo Borrelli che, quando era uno studente delle scuole medie, ha subito per quattro anni abusi sessuali dal

suo insegnante di religione, don Silverio Mura. Ricapitoliamo in sintesi la storia che è lunga e dolorosa.
Nel 2010 Borrelli sta male e denuncia per la prima volta le violenze subite, si rivolge a Sepe ma viene dirottato su uomini della curia che insabbiano tutto. Nel 2014 scrive a papa Francesco che costringe Napoli ad aprire un’istruttoria, anche questa chiusa con un nulla di fatto. Per le negligenze emerse nel

Mario Enrico Delpini

lavoro dei prelati di largo Donnaregina il Vaticano decide di trasferire il fascicolo al tribunale ecclesiastico di Milano. Scelta sorprendente perché la curia meneghina, guidata dall’arcivescovo Mario Enrico Delpini, è stata al centro di una clamorosa vicenda che ha riguardato un sacerdote, don Mauro Galli, accusato di avere molestato un minorenne e per questo condannato nel 2018 dal tribunale di Milano a sei anni e quattro mesi di reclusione mentre la curia si è limitato a trasferirlo da Rozzano, dove ci sono due oratori, a Legnano, dove gli oratori sono quattro, in attesa della decisione del tribunale ecclesiastico.
A Napoli non ci sono ancora sentenze della magistratura ma vanno avanti ormai da tempo un giudizio penale e uno civile. Il penale riguarda l’incredibile violazione della privacy operata dalla curia partenopea che ha riportato per ben otto volte in un comunicato il nome della vittima di don Mura quando era ancora segreto, una scelta gravissima prevista come reato dalle norme sulla privacy quando si pubblica il nome di vittime di abusi sessuali. Se ne è assunto per intero la responsabilità il cancelliere arcivescovile padre Luigi Ortaglio, che, evidentemente su

Silverio Mura

mandato del cardinale, aveva firmato il comunicato. Il processo era oramai in dirittura d’arrivo con Ortaglio, difeso dal legale Mauro Tornincasa, mentre l’avvocato che assiste Borrelli è Gianfranco Iannone, che aveva chiesto il rito abbreviato ma il giudice Rossella Tammaro ha cambiato ufficio e all’udienza del 14 gennaio se ne dovrà occupare un altro magistrato.
In fase avanzata anche il giudizio civile,

con l’avvocato Carlo Grezio che assiste la vittima di don Mura, nel quale il giudice Ulisse Forziati della decima sezione ha ammesso l'audizione dei testi. E all’udienza del 28 aprile c’è stata la testimonianza drammatica di Raffaele Esposito, un altro dei ragazzi di Ponticelli violentati da Silverio Mura che dopo un lungo travaglio ha deciso con grande sofferenza di venire allo scoperto con nome e cognome. Durante la sua deposizione si è interrotto più volte per pianti dirotti e a fine udienza si è sentito male ed è stato portato in ospedale. A porte chiuse poi è stato ascoltato un terzo ragazzo violentato da Mura che non ha voluto si rendessero pubbliche le sue generalità.
Chiudiamo con le 27 pagine della decisione del tribunale ecclesiastico di Milano resa nota per vie tortuose a marzo. Anche in questo caso il Vaticano ha confermato sulle vicende italiane che riguardano la pedofilia dei sacerdoti una linea ondivaga e ambigua. Il 14 febbraio l’avvocato Grezio aveva incontrato a Roma John Kennedy, il sacerdote della Congregazione della dottrina della fede responsabile della sezione

disciplinare, che aveva garantito una decisione milanese favorevole a Borrelli parlando addirittura di come contrastare un eventuale appello di Mura.
Carlo Grezio trova scandaloso il testo licenziato dal tribunale ecclesiastico e prova a scherzare. “Più che una sentenza penale -dice – è una sentenza penosa perché non rispetta nessuna delle garanzie del diritto italiano: Borrelli è presente come teste e non

Carlo Grezio

come parte; non sono state ascoltate le altre vittime di Silverio Mura pur essendo state indicate nel corso del giudizio; contro ogni regola, si consente all’imputato di fare ‘prova per sé stesso’. Un pasticcio inaccettabile per qualsiasi magistrato della Repubblica. Il tribunale ecclesiastico si è dimostrato una sede totalmente di parte e quindi inattendibile; per questo motivo non va neanche presa in considerazione l’ipotesi di presentare appello”.