Di Micco, a sorpresa
sentenza pro Mattino

A SEI ANNI dall’avvio della causa seguita da due magistrati (prima Diego Cavaliero e dal settembre del 2016 Annamaria Lionetti), dopo diciannove udienze, di cui addirittura cinque tra il novembre 2013 e il novembre 2015 fissate da Cavaliero per la decisione e regolarmente saltate, con le udienze del 9 marzo scorso e del 27 aprile rinviate per la richiesta del magistrato di ricalcolare i conteggi, il 20 giugno il giudice Lionetti, salernitana, cinquantadue anni, da venticinque in magistratura, ha deciso che i conteggi non servivano più e ha bocciato il ricorso presentato dal giornalista Gregorio Di Micco nei

confronti del
Mattino
. Un iter singolare, se non unico, con incomprensibili tentennamenti e rinvii per una vertenza di lavoro iscritta a ruolo il 24 gennaio del 2011 al tribunale di Salerno, da due anni

Giovanni Pentagallo e Marco Siviero

presieduto da un magistrato stimato, Giovanni Pentagallo, e, come visto, matura per la decisione già nel novembre di quattro anni fa.
Prima di andare avanti, un riepilogo delle puntate precedenti. Nell’autunno del 2009 con il primo stato di crisi del Mattino Di Micco, nato a Crispano nel 1946, a via Chiatamone dal 1977 al 1995 quando è stato assegnato alla redazione di Salerno, viene forzato alle dimissioni dai dirigenti del giornale, in primis dal direttore amministrativo di fatto Massimo Garzilli, i quali gli dicono che, in caso di resistenza, dopo un periodo di cassa integrazione sarebbe stato licenziato. La notizia non è vera perché accettare il prepensionamento è una scelta volontaria.
Di Micco quindi avvia un’azione giudiziaria, assistito dal professore Emilio Paolo Salvia della Sapienza e dall’avvocato napoletano Marco Siviero, per chiedere il ‘ripristino’ nel posto di lavoro. Siviero ricorda anche che “in base al decreto del 2009 del ministero del Lavoro, la cassa integrazione non veniva concessa al Mattino per stato di crisi ma per riorganizzazione aziendale. E secondo il contratto di lavoro giornalistico, all’allegato D, i nomi dei redattori da collocare in cassa integrazione devono essere decisi dal direttore e Mario Orfeo, come risulta dall’ordine di servizio firmato dieci giorni dopo la sottoscrizione dell’accordo in sede ministeriale, inserì Di Micco nell’organico della redazione di Salerno”.

Raffaele Del Noce e Marcello De Luca Tamajo

Per i primi due anni il giudizio ha camminato spedito e sono stati sentiti i testi indicati dalle parti. Per Di Micco Luigi Ronsisvalle, segretario aggiunto della Fnsi, Fabio Morabito, ex presidente di Stampa

romana e cdr del Messaggero, l’allora presidente dell’Assostampa napoletana (poi fallita) Enzo Colimoro, l’inviato Enzo Ciaccio, già cdr Mattino, il quale ha confermato in aula che Garzilli e l’allora capo del personale Raffaele Del Noce avevano sostenuto che se non venivano sottoscritte le dimissioni scattava il licenziamento. L’azienda, difesa dagli avvocati Marcello De Luca Tamajo e Gianfranco Petraglia, ha schierato come testi Giovanni Santorelli, all’epoca responsabile dell’ufficio legale, e i giornalisti Nicola Battista, Mariano Ragusa e Pietro Treccagnoli che insieme a Battista nel giugno del 2009 aveva firmato come componente del cdr l’accordo al ministero del Lavoro per lo stato di crisi contestato e non sottoscritto dalla Fnsi e dall’Assostampa napoletana, poi votato e approvato con un solo voto di scarto dalla redazione del Mattino.
Contro la sentenza – è il commento a Iustitia di Gregorio Di Micco – nelle prossime settimane presenteremo appello. In ogni caso sarebbe eufemistico definirla singolare perché l’ha scritta un giudice che a marzo e ad aprile chiede per due volte al mio avvocato di rifare i conteggi e a giugno mi condanna su tutta la linea, contestando persino le mie notifiche all’azienda pur avendole certificate con le cartoline di ritorno delle raccomandate. Ma c’è un altro passaggio che mi ha amareggiato molto: le testimonianze. Per me sono venuti in udienza Ronsivalle, Ciaccio, Colimoro e Morabito del Messaggero (Gruppo Caltagirone), che io non conoscevo e che ha testimoniato senza tentennamenti

nonostante la presenza di Del Noce”.
Di Micco è un fiume in piena: “contro di me invece sono venuti in tribunale Ragusa, capo della redazione di Salerno, che prima ha testimoniato a

Enzo Ciaccio e Fabio Morabito

mio sfavore e dopo, quando mi incontrava, mi abbracciava e baciava e qualche mese prima mi aveva assicurato che la redazione di Salerno non sarebbe stata toccata dallo stato di crisi; e poi Nicola Battista e Pietro Treccagnoli che, come componenti del cdr che aveva firmato lo stato di crisi, erano i miei rappresentanti sindacali, cioè i difensori di tutti i giornalisti del Mattino. E per me è stato come incassare un cazzotto allo stomaco quando ho visto Treccagnoli arrivare in tribunale accompagnato da Del Noce”.