Cesaro, la prima gobbo-intervista

Se non fosse una tragedia per i destini della professione potrebbe essere una farsa sotto le mentite spoglie di un’intervista giornalistica messa in onda dal servizio pubblico televisivo, quello, per intenderci, dello strombazzato tandem al vertice di mamma Rai, Tarantola&Gubitosi, direttore generale voluto fortemente da Monti e di natali napoletani. Ma, per buttarla dal volgo all’inclita, per i corridoi della sede campana della Rai deve aggirarsi un fantasma dell’opera che di nome non fa Erik, e che conosce bene i meandri della politica campana e i suoi personaggi più caratteristici, involontariamente un po’ comici, come quel Luigi Cesaro, presidente della Provincia di Napoli.
Le video gesta di quest’opera che molti in via Marconi si ostinano a chiamare intervista - fin troppo schivi rispetto alle vette creative che l’estro dei giornalisti Rai riesce a toccare - sono oramai talmente note da aver totalizzato un record di clic e commenti su internet e social network. A questo punto, dopo aver rivisto l’intervista delle meraviglie e la didascalia che le dà paternità, il nostro Erik non Erik potrebbe rispondere al nome di Pellegrino (detto Rino) Genovese, caposervizio di fresca nomina e di non lunghissimo corso professionale al Tgr Campania, esperto del settore politico ça va sans dire, nonché “puntuto” intervistatore del simpatico presidente di Palazzo Matteotti, spesso protagonista di gaffe televisive gustose sulle quali egli stesso, poi, scherza su.
Proviamo ad abbandonare il canto talentuoso di Erik, i cunicoli del teatro dell’opera e l’amore impossibile per Christine, e buttiamoci anima, corpo e microfono in quest’insuperata, di cui il cronista dal colpo gobbo si è reso fine facitore. Quei telespettatori che l’hanno assaporata in diretta avranno pensato di trovarsi tra una quinta del “Truman show” e “Oggi le comiche”: dopo una prima domanda fuori campo, Cesaro, strabuzzando letteralmente gli occhi alla ricerca di un pulpito cartaceo, legge al microfono un lungo monologo sulle magnifiche sorti del World Urban Forum, che un ghost-writer non poco sadico aveva addensato di avverbi, punti, due punti, punti e virgola, tanto da rendere al cospetto la lettera di Totò&Peppino una imbolsita gag da avanspettacolo.
Il giorno dopo il colpaccio tutta la stampa ne parla, si scomodano i quotidiani italiani e stranieri, il Corriere del Mezzogiorno fa le bucce al Tgr regionale, Nino Femiani intinge il cursore nel curaro con un corsivetto dal titolo ”Ma Giggino è meno colpevole del Tgr”: “Il presidente della Provincia fa quello che può, cercando di dare un senso a quello che dice (…) Meno comprensibile è, invece, il lavoro del Tg regionale della Campania che spaccia come “intervista” la comunicazione notarile di “Giggino” a cui il giornalista si limita a reggere, per oltre un minuto, il microfono mentre legge sul teleprompter”. Nessuna replica finora pubblicata da parte del collega definito dal “Cormezz”: “reggimicrofono”.
Non è da meno Carlo Tarallo per Dagospia: “Si comincia con una "intervista" senza l'ombra di una domanda al Tgr Campania, che sta facendo scompisciare gli internauti da giorni. Cesaro, in realtà, non fa altro che leggere dal gobbo un testo preparato prima dai suoi "spin nel fianco", mentre dell'intervistatore muto si intravede solo la mano che regge il microfono. L' "aiutino" della Rai, però, finisce per amplificare l'effetto comico dello slang”.
Tra le multiformi qualità che di molto superano le sue deformità, il fantasma dell’opera maneggia con maestria un laccio punjab per strangolare i nemici. Se l’avessimo avuto tra le mani quell’arnese, avremmo di certo tentato il suicidio prima di assistere all’eutanasia di questo derelitto mestiere. Ma qualcosa per fortuna ci distrae. Aiuto, c’è un watchdog in redazione! Il mass-media americano, che in Rai non la fa da padrone, è servente alla manutenzione della democrazia. I perfidi cronisti yankee ancora fanno il “tagliando”, diciamo così, ai propri interlocutori: tanto documentati, urbani nei modi, rispettosi, quanto ficcanti nelle domande, dialettici, molestatori della versione comoda per il Palazzo. Rispettato rappresentante di un quarto potere, nel gergo e nella costituzione materiale di quel Paese il giornalista viene simpaticamente chiamato: il cane da guardia delle istituzioni. Insomma, se i reporters a stelle e strisce la “velina” non la stracciano, almeno provano a leggerla in controluce.
E che si allevano cani qui? E’ quello che devono essersi detti tra un sogghigno e un darsi di gomito i cronisti politici di via Marconi nel brain-storming mattiniero. Se non fosse stato per l’effetto esilarante che riesce a far esplodere il mezzo televisivo, anche inconsapevolmente rispetto al fine dei suoi artefici, sarebbe potuta essere una trovata da rivendere a tutti quei politici non sempre a proprio agio con la memoria dei concetti e la sintassi del dolce stil novo. È così che dai segreti passaggi del teatro dell’opera si cementa il flirt tra politica&giornalismo: dall’intervista un tempo cosiddetta seduta siamo piombati, rilanciandola in mondovisione, alla gobbo-intervista made in Rainaples. Da grande comunicatore, il canadese Marshall McLuhan avrebbe apprezzato, Sergio Lepri, uno dei più austeri e professionali ex direttori dell’italianissima Ansa, arriccerebbe il naso. Nel suo “Medium e Messaggio”, un libro per giornalisti che non tutti i giornalisti devono leggere, il titolo apodittico è per alcuni apotropaico, per altri rivelatore delle successive pagine infarcite di autonomia e indipendenza di un mestiere un tempo meticoloso, almeno nella ricerca dell’obiettività. Per quanto possibile terzo rispetto alle posizioni espresse da chi, sapendo di non essere seduto davanti allo sciuscià, si pone a favore dell’intervistatore non per genuflettersi al torturatore, ma poco poco ad aspettarsi qualche domanduccia critica che dia all’ascoltatore la stura per formarsi un punto di vista il più possibile non succubo della visione a una dimensione.
Oibò, c’è però un’eccezione, anzi due: il 31 dicembre a reti unificate un signore – anche lui originario di Napoli - si rivolge con tono a tratti grave altre patriottico a tutti gli italiani, e pure ogni domenica da quel balconcino dell’emiciclo san pietrino un altro signore vestito di bianco dispensa urbi et orbi il Suo verbo. Pellegrino Genovese e il suo intervistato non aspireranno al soglio più alto. Noi, molto più prosaici, un po’ per celia e un po’ per non morir di auto-strangolamento col punjab lasso, assorti nella notte sugli scritti di Lepri, accovacciati tra il guanciale e l’Ipad riscopriamo dal nostro leggìo artigianale: “Il giornalismo è mediazione tra la fonte e il fruitore del messaggio, fra gli uomini politici e i telespettatori. Se all’uomo politico si offre il microfono perché dica quello che vuole e come vuole, senza una figura professionale intermedia che lo stimoli o che replichi e ne valuti le parole, non c’è mediazione e quindi non c’è giornalismo”.
Non c’è giornalismo! Ma no Lepri, dai, siamo solo stati sopraffatti dal brutto sogno di questi watchdogs americani, feroci e impietosi cagnacci da guardia. Restiamo pur sempre affacciati sul golfo più bello del mondo, e allora godiamocelo questo rassicurante risveglio, addolcito da caffè, sfogliatella e dalle coccole del nostro scodinzolante lapdog, sorridente barboncino da salotto.

Tommaso Pellicano
Nota a a margine. Dopo quest’ennesima impresa chissà in cos’è affaccendato Carlo Verna, inviato del Tg della Campania, segretario nazionale del sindacato giornalisti Rai, che tra i compiti statutari si propone di innalzare la bandiera dell’autonomia, dell’indipendenza, della libertà del servizio pubblico. Le voci di dentro lo danno impegnato a difendere le cinque promozioni che la sua Usigrai ha avvalorato in Campania la scorsa primavera (43 a livello nazionale), tra le quali quella del nostro Erik non Erik. La gestione del sindacato affidata a Verna, alle battute finali prima del congresso che si terrà a Salerno a fine novembre, forse non passerà alla storia per la difesa dei colleghi contro i soprusi dei direttori: a Roma, in mancanza di una riuscita conciliazione sindacale, fioccano le cause per demansionamenti. Non si sarà distinta per un’iniezione di meritocrazia al malaticcio cavallo di viale Mazzini, ma almeno sarà stata battezzata l’opera del cronista più battagliero di via Marconi (membro peraltro del comitato di redazione): la prima gobbo-intervista al mondo made in Rainaples. 

(*) Da www.tg24.sky.it
(**) Da www.ilsole24ore.com
(***) Da www.fieg.it
 
Anna Tarantola (*)
Luigi Gubitosi (**)
Nino Femiani
Carlo Tarallo
Sergio Lepri (***)
Carlo Verna