Per Caltagirone un piccolo Palazzi

Cara Iustitia cara,
non c’è pace per Il Mattino. Giorni fa, sotto un cielo stordito da un gruppo folk di nuvole, a via Chiatamone, la sede del quotidiano è stata presa d’assalto da un corteo d’indiavolati. Ai piedi del giornale, tra polveri sottili e rare coppole di vigili urbani, lo scenario del quadrivio comprendeva: una fila d’auto clacsonanti, un piccione stecchito dalla ruota di un’Ape, un nonno al volante che prendeva a cazzotti il navigatore satellitare, un autobus piantato, il direttore del Mattino Mario Orfeo di ritorno dalla corsetta anti-pancetta a via Caracciolo, un carro funebre in sosta vietata, un altro corteo, proveniente da piazza Vittoria, che per le urla e il passo, annunciava battaglia.
La solita cagnara dei disoccupati organizzati? Qualche fabbrica che mai più sarà riaperta? Una manifestazione contro la finanziaria di Padoa-Schioppa, le cravatte di Bertinotti, lo shampoo di Bersani e lo spinello di Livia Turco? Il risveglio della popolazione in difesa dei conti dormienti e contro i media in letargo? Passando di lì, curiosi come i gatti, siamo entrati nel corteo e abbiamo chiesto a un manifestante, smilzo come un punto esclamativo, il motivo di quell’assedio. Purtroppo, proprio in quel momento, è iniziato un fitto lancio di vocabolari contro la sede del quotidiano e siamo dovuti scappare per non soccombere sotto il peso della cultura. Nel parapiglia e nel fuggi fuggi, con una garzantina in testa per ripararci dalla grandine di lemmi e locuzioni, abbiamo capito, pieni di stupore, il perché della contestazione. Nessun disoccupato al fronte né guerrieri della libertà alle porte: i cortei erano stati organizzati dagli incazzatissimi verbi intransitivi contro l’editore del Mattino, Francesco Gaetano Caltagirone e gli sgrammaticati vertici dell’azienda: Albino Majore, presidente del Mattino spa, Massimo Garzilli, direttore generale, Raffaele Del Noce, capo del personale. L’attentato alla lingua italiana è avvenuto il 26 novembre 2006, a pagina 15, in un botta e risposta tra il comitato di redazione del quotidiano e l’azienda.
Il cdr, in un comunicato tosto e dettagliato, oltre a ricordare il muro alzato dagli editori per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro, si sofferma sull’atteggiamento «aggressivo e anti-sindacale» del Gruppo Caltagirone, reo di aver violato il contratto e lo Statuto dei lavoratori negando ai rappresentanti del cdr «il diritto al permesso sindacale per partecipare ad un’assemblea nazionale di tutti gli organismi rappresentativi della categoria, convocata proprio per discutere delle iniziative di lotta da adottare nella difficile vertenza per il rinnovo del contratto di lavoro». Segue, breve come uno sputo, la risposta dell’editore, il quale, dopo aver confermato che sulla vertenza nazionale il muro resta insormontabile, smentisce il cdr sui «permessi sindacali retribuiti», non previsti dal contratto «per simili manifestazioni». «Ciò nonostante - prosegue altezzoso l’editore - nei giorni in discussione, 14 e 15 novembre, la società ha consentito permessi sindacali a ben 6 redattori, compresi i due componenti del Comitato di Redazione; lasciando in sospeso, allora, chi avrebbe sopportato l’onere economico. Uno dei due giorni di permesso è stato usufruito mentre la redazione era in sciopero». Firma: Il Mattino spa. Segue il riquadro dei numeri del lotto e del superenalotto. I numeri, stavolta, a darli è l’editore o chi, per lui, si è spremuto per rispondere ai giornalisti. Il risultato? È stato usufruito. Un verbo intransitivo, travestito da transitivo che, dizionari alla mano, non solo non transita nel complemento oggetto ma esce con l’ausiliare avere, mentre i vertici dell’azienda, nella loro striminzita replica, gli hanno combinato un appuntamento al buio con la coppia di sfatto «uno» (complemento oggetto) ed «è stato» (ausiliare essere). Un black out grammaticale che risveglierebbe i bollori di un’attempata matita blu; uno svarione da badante da far impallidire persino Antonio Di Pietro, l’indiscusso serial killer dei congiuntivi; una confusione linguistica che meriterebbe uno schizzo di Riccardo Marassi, in alto e in prima, a un tiro di occhiello dal gallo impettito della testata.
Intanto, la protesta dei verbi intransitivi sotto la sede del Mattino è continuata fino al crepuscolo. I manifestanti, dopo aver richiamato all’ordine un’agitata rappresentanza di Rsu - Refusi socialmente utili - che, aumentati a dismisura a causa della scomparsa dei correttori di bozze, chiedevano un reinserimento nel mondo del lavoro, magari in rubriche di calembour stanchi ormai di finire nei pezzi di Cristina Cennamo, hanno espresso piena e totale solidarietà per il cdr del quotidiano di via Chiatamone. Poi, raccolti imperativi e condizionali, prima di far ritorno nei vocabolari, hanno proposto, contro i vertici del Mattino spa, per la violazione dei loro diritti, una pena che va dai tre ai sei mesi di corsi serali; in più, fino al 26 novembre 2007, un riassunto al giorno sulle storie di Giuseppe Montesano e Antonella Cilento e un dettato a settimana (a dettare faranno a turno Gianni Ambrosino e Umberto Nardacchione) a scelta tra le prediche di Gennaro Matino, i fondini di Antonio Galdo e le analisi di Mauro Calise.
A manifestazione conclusa, a cielo nero e quadrivio sbloccato, uno tra i verbi intransitivi più intransigenti ha lasciato sotto la sede del Mattino un cartello, dedicato all’editore del giornale nonché drago dell’edilizia, con su scritto in impeccabile calligrafia: «Un piccolo Palazzi per Caltagirone». Byte byte

Fausto Molosso

 
Mario Orfeo
Padoa Schioppa
Fausto Bertinotti
Pierluigi Bersani
Livia Turco
Riccardo Marassi
Giuseppe Montesano
Umberto Nardacchione
Gennaro Matino
Antonio Galdo
Mauro Calise