Tra procura e procura generale
non cambia il passo sull'Agcom

INTORNO C'È UN girotondo di magistrati, ma il fascicolo sulle irregolarità all’Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, è fermo, inchiodato.
Delle indagini, partite da una denuncia dell’avvocato veronese Fabio Salvadori, che ha anche citato l’Agcom, di cui era dipendente, perché vittima di dequalificazione professionale e mobbing, si sono occupati i pm Luigi Santulli, che dopo due mesi se ne è liberato passando il fascicolo a Luigi Gay, poi promosso e trasferito; è quindi entrato in scena Federico Cafiero

de Raho, dopo pochi mesi promosso aggiunto, con scivolamento dei faldoni verso la stanza di Giuseppe Amodeo, ora in via di trasferimento con direzione Toscana.
Nella primavera del 2006 il giudice per le indagini preliminari Alberto Vecchione aveva


Giuseppe Amodeo, Federico Cafiero de Raho, Luigi Gay

ordinato al pubblico ministero di “procedere all’iscrizione nel registro ex articolo 335 del codice di procedura penale in relazione all’ipotesi di reato di cui all’articolo 314 del codice penale degli indagati Cheli Enzo, Pilati Antonio, Meocci Alfredo e Luciano Alessandro”. Il gip aveva anche ordinato di svolgere nuove indagini da chiudere entro il 20 settembre 2006.
L’ordinanza firmata dal giudice Vecchione è del 13 giugno 2006; sono trascorsi venti mesi e non è successo niente. Certo l’immobilità del fascicolo non dipende dalla gravità del reato: per il peculato il codice prevede una pena da tre a dieci anni di reclusione; né dal peso degli indagati, tutti componenti della penultima consiliatura dell’Agcom: il presidente Enzo Cheli, in quota Ulivo, e i commissari Alessandro Luciano, per Alleanza nazionale, Alfredo Meocci, indicato dall'Udc, e Antonio Pilati, schierato da Forza Italia. Siamo soltanto davanti all’ordinaria cattiva gestione della giustizia italiana.
Eppure i legali di Salvadori, gli avvocati napoletani Carminantonio Del Plato e Claudio Farenga e Emanuela Perazzoli del foro di Verona, hanno tempestato di sollecitazioni e di istanze la procura partenopea, guidata da Giovandomenico Lepore. Hanno incassato però solo qualche dichiarazione di buona volontà, come quando, siamo al maggio 2007, il pm Amodeo


Vincenzo Galgano e Giovandomenico Lepore

assicurò: “Siamo in dirittura d’arrivo”; poi il traguardo si deve essere allontanato.      
Nell’autunno del 2007, più di un anno dopo il termine indicato dal gip Vecchione per il completamento delle indagini, gli avvocati di Salvadori, parte offesa

della vicenda, hanno tentato un’altra carta per non arrendersi alla prescrizione dei reati. Il 9 ottobre hanno depositato un’istanza con un doppio destinatario: il procuratore Lepore, con l’ennesima richiesta di fare qualcosa, e il procuratore generale Vincenzo Galgano, sollecitato ad avocare indagini inspiegabilmente ferme. I faldoni sono ora all’attenzione del sostituto procuratore generale Francesco Iacone.