Per i Santangelo un ko
e vittoria da 213mila €

PER IL GIUDICE del tribunale civile di Napoli Raffaele Sdino limitarsi a riportare su una vicenda aspetti critici e dichiarazioni aspre senza ascoltare a fondo anche l’altra campana significa non esercitare in maniera corretta il diritto di cronaca; diversa invece è la valutazione se si dà spazio adeguato alle tesi della controparte. Sdino è stato chiamato a pronunciarsi su due citazioni per diffamazione presentate dal notaio ed ex vice sindaco di Napoli Tino Santangelo e da sua figlia Mariella, vincitrice di un discusso concorso per associato alla facoltà di Architettura della Federico II, prevalendo su Antonio

Rossetti, concorrente più anziano e più titolato; e ha depositato le due sentenze nello stesso giorno: il 15 maggio.
La prima citazione, presentata così come la seconda dall’avvocato Achille Janes Carratù, scaturiva da una serie di lettere e articoli pubblicati


Achille Janes Carratù e Sabatino Santangelo

da Repubblica Napoli nel periodo che va dal settembre 2007 al gennaio 2009; destinatari della richiesta di risarcimento i docenti Antonio Rossetti e Gaetano Borrelli Rojo (all'epoca dei fatti presidente del corso di laurea in Architettura della Sun), il Gruppo editoriale l’Espresso, il direttore responsabile di Repubblica Ezio Mauro, il responsabile delle pagine campane Giustino Fabrizio e i cronisti di Repubblica Napoli Bianca De Fazio, Conchita Sannino e Cristina Zagaria.
La seconda citazione, presentata per il libro “Un Paese di Baroni”, pubblicato nel gennaio del 2009 dalla casa editrice Chiarelettere, è diretta contro i docenti Rossetti e Borreli Rojo, difesi rispettivamente dagli avvocati Arcangelo e Paolo D’Avino e da Gianluca Michilli, contro Marco Tarò, rappresentante legale di Chiarelettere, assistito da uno staff formato da Maurizio Borghese, Rossella Giordano e Silvia Giudici, e contro gli autori del libro Davide Carlucci, giornalista di Repubblica Milano, e Antonio Castaldo, redattore del Corriere.it, difesi dall’avvocato Giovanna Astarita.
Nel mirino dei Santangelo il capitolo intitolato “L’architetto che voleva diventare associato” giudicato diffamatorio e per il quale è stata presentata una richiesta di risarcimento di un milione e duecentomila euro per l’ex vice sindaco e di un milione per la figlia.
Nelle diciannove pagine della sentenza dedicata al libro il giudice  esamina a fondo i passaggi caldi delle cronache sul concorso e osserva che “il capitolo è costruito sul susseguirsi di opinioni a favore dell’una e dell’altra tesi”. “Per


Bianca De Fazio, Conchita Sannino e Cristina Zagaria

essere più chiari – continua – all’opinione del Rossetti è immediatamente contrapposta quella del Santangelo, le opinioni del preside della facoltà, prof. Gravagnuolo, e del presidente della commissione, prof. Scarano, precedono e controbilanciano quella del

prof. Borrelli Rojo; immediatamente dopo le dichiarazioni del Borrelli, contenute nel famoso memoriale, arriva l’articolata smentita del preside”. E più avanti Sdino aggiunge: “Gli autori, lungi dall’offrire una tesi preconfezionata vogliono raccontare un caso per quello che era ovvero un caso aperto tanto che è ricordato sia, correttamente, la decisione del Tar (favorevole alla Santangelo, ndr) sia che l’indagine penale non era stata conclusa”. Decide quindi di rigettare le domande dei Santangelo e di compensare le spese.
Invece la sentenza relativa agli interventi e agli articoli pubblicati dall’edizione campana di Repubblica, guidata da Giustino Fabrizio e dal vice Ottavio Ragone, riconosce ai Santangelo che la diffamazione c’è stata e va risarcita. Esclude che vi siano responsabilità delle croniste De Fazio, Sannino e Zagaria alle quali il notaio e sua figlia dovranno pagare 4500 euro di spese legali, ma condanna Rossetti, Borrelli Rojo, il Gruppo editoriale l’Espresso, Fabrizio e Mauro a risarcire Tino Santangelo con 125mila euro e Mariella Santangelo con 75mila, oltre gli interessi legali, e a pagare 17mila euro di spese di giudizio. Non solo: i condannati dovranno pubblicare sul Mattino e su Repubblica Napoli il dispositivo della sentenza “senza commenti o postille e a caratteri doppi del normale su due colonne” e il dispositivo dovrà essere pubblicato anche su Repubblica.it “facendo sì che ogni volta che si accede a una delle pagine web contenenti gli articoli prima menzionati compaia il predetto estratto”.