Il CorSera diffama,
paga ma non si scusa

SI È DEFINITIVAMENTE chiusa la vicenda grave della diffamazione del Corriere della Sera nei confronti di Shawan Jabarin, attivista palestinese, impegnato nella difesa dei diritti umani e direttore della ong Al-Haq, una organizzazione che da quarant’anni documenta le violazioni dei diritti commesse dalle forze israeliane e da quelle palestinesi.
In un servizio del dicembre 2021 il CorSera online, riprendendo senza alcun controllo una nota dell’ambasciata di Israele in Italia, definiva

Jabarin terrorista e assassino. Il giornale veniva querelato dall’esponente palestinese, con l’assistenza dell’avvocato Nicola Quatrano, e la pm della procura di Milano Maria

Luciano Fontana e Shawan Jabarin

Letizia Mocciaro, con tre pagine puntuali e dure, fissava l’udienza di comparizione predibattimentale per il direttore del giornale di via Solferino Luciano Fontana al 18 aprile scorso.
Per evitare una condanna, viste le indagini della procura, l’avvocata di Fontana Caterina Malavenda ha lavorato per un accordo, poi concluso, con un risarcimento di 15mila euro e una articolo di rettifica.
Tutto bene quindi? No, perché il primo quotidiano italiano ha rimediato una figuraccia internazionale ma questo può capitare. L’importante è ammettere l’errore, come avrebbe fatto qualsiasi grande giornale straniero. Invece Fontana ha pubblicato un articolo di rettifica con il quale chiarisce che Jabarin non è un terrorista e non è un assassino ma non fa sapere ai lettori chi ha diffuso le notizie diffamatorie.