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Jannuzzi diffama
e il Giornale paga |
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IL 12 GENNAIO la Repubblica, il Corriere
della sera e il Giornale hanno pubblicato il dispositivo
della sentenza del tribunale di Milano che ha condannato il Giornale
a risarcire il sostituto della procura di Napoli Vincenzo Piscitelli.
Il giudice della prima sezione civile Paola Maria Gandolfi
ha infatti ritenuto diffamatorio l'articolo firmato da Lino Jannuzzi
sulla prima pagina del Giornale del 29 novembre 1999 e intitolato
"Gamberale l'innocente che non può non essere colpevole".
In giudizio Piscitelli, assistito dagli avvocati Tiziana Milani
del foro milanese |
e Achille
Janes Carratù del foro di Napoli, ha citato la Società
Europea di Edizioni, la spa controllata da Paolo Berlusconi
che edita il Giornale, e Mario Cervi che nel '99 firmava
il quotidiano come direttore responsabile.
Con la sentenza,
emessa l'otto novembre 2003 e depositata in cancelleria il 19
novembre, il |

Rosario Cantelmo e Francesco Menditto |
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giudice Gandolfi ha condannato Mario Cervi
e il Giornale, difesi dai professori Achille Saletti del foro
di Milano e Romano Vaccarella del foro di Roma, a risarcire
Piscitelli con 25mila euro e a pagare oltre 13mila cinquecento euro
di spese legali; ha inoltre disposto che entro trenta giorni dalla
notifica Cervi e il Giornale pubblicassero a loro spese il dispositivo
della sentenza sui quotidiani la Repubblica, il Corriere della sera
e il Giornale.
L'articolo di Jannuzzi rientra nella lunga teoria di servizi e inchieste
dedicati per anni da tutti i giornali italiani alla complicata vicenda
giudiziaria che nell'autunno del '93 travolse l'amministratore delegato
della Sip Vito Gamberale, prima indagato e, il 27 ottobre del '93,
arrestato per ordine del gip napoletano Luigi Esposito, su
richiesta dei pm Rosario Cantelmo e Nicola Quatrano.
Le indagini della procura di Napoli a un certo punto si intrecciarono
con quelle sul voto di scambio condotte dai pm della procura circondariale
Francesco Menditto e Vincenzo Piscitelli.
Dopo il durissimo attacco scatenato nel gennaio del '94 da Gamberale
contro i magistrati napoletani e i metodi da loro seguiti per portare
avanti le indagini, due episodi (l'intercettazione di una telefonata
tra l'amministratore della Sip e il parlamentare socialista Giulio
Di Donato e la testimonianza dell'industriale Paolo De Feo)
a cavallo delle indagini di procura e procura circondariale causarono
a Piscitelli una duplice azione disciplinare; la prima degli ispettori
del ministero della Giustizia, la seconda del Consiglio superiore
della |

Paolo De Feo e Giulio Di Donato
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magistratura. Prima il Csm, nell'ottobre del '94, quindi, nel
settembre del '95, le sezioni unite civili della Corte di cassazione
sgombrarono il campo dalle accuse, dichiarando corretto il comportamento
tenuto da Piscitelli.
E sulle decisioni del Csm e della Cassazione insiste il giudice
Gandolfi per dichiarare |
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diffamatorio l'articolo di Jannuzzi. In
sostanza, è la tesi del giudice, Piscitelli viene accusato
di un duplice illecito: avere utilizzato intercettazioni telefoniche
in processi diversi da quello in cui erano state disposte; avere privato
con un espediente illegittimo l'imputato di un difensore. Lanciate
le accuse, non si può però "prescindere - scrive
la Gandolfi nella sentenza - dal riferire gli esiti dei molteplici
accertamenti effettuati da parte degli organi competenti (Csm e anche
Cassazione). Ovviamente tale esigenza di informazione veritiera non
risulta rispettata per la presenza del solo inciso polemico secondo
cui gli inquirenti 'escono indenni dalle denunce, le più documentate,
e insistono'."
Sull'articolo di Jannuzzi c'è anche da rilevare una singolare
coincidenza temporale. Il 17 settembre del '99 il Giornale riceve
la citazione del pm Piscitelli per un articolo pubblicato l'otto marzo
1995 a firma di Antonio Socci dedicato alla vicenda Gamberale
e al ruolo svolto dai pubblici ministeri partenopei.
Due mesi più tardi Jannuzzi torna sull'argomento e ripete i
passaggi di cui si è lamentato Piscitelli nella citazione a
Socci. La causa contro Socci, il Giornale e il direttore dell'epoca,
Vittorio Feltri, si è chiusa il 17 gennaio 2002. Con
la sentenza, firmata dal giudice Claudio Marangoni della prima
sezione civile del tribunale di Milano, Socci, Feltri e il Giornale
vengono condannati a pagare 25mila euro di risarcimento e novemila
di spese legali e alla pubblicazione del dispositivo della sentenza
sul Giornale, utilizzando caratteri doppi del normale.
Intanto la sentenza del giudice Gandolfi non è stata appellata
ed è diventata definitiva. Come mai? Abbiamo girato la domanda
all'avvocato Achille Saletti, docente di Procedura civile all'università
statale di Milano. "La decisione - |
chiarisce
Saletti - è di competenza dell'editore e del direttore
e scaturisce da una serie di valutazioni. Del resto le cause
di diffamazione contro il Giornale sono parecchie decine all'anno.
Con l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale
per la diffamazione non è più obbligatorio passare
per la querela e il giudizio penale prima di rivolgersi alla
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Achille Janes Carratù e Achille
Saletti |
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magistratura civile. Ora si batte subito
la strada della citazione, anche perché è statisticamente
dimostrato che i giudici civili sono di manica più larga".
Per rientrare dei soldi spesi l'editore si rivarrà nei confronti
del senatore di Forza Italia? "Nella mia lunga carriera - risponde
Saletti - non ho mai visto una sola azione di rivalsa nei confronti
dei giornalisti. Spesso poi ci sono precisi accordi con i commentatori
e, comunque, l'editore preferisce salvaguardare la firma di prestigio".
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