Il Mattino 'reazionario'
del direttore Barbano

CUBA LIBRE, Cuba libera, è il nome di uno dei cocktail più noti del mondo: due terzi di Coca cola, poco meno di un terzo di rum bianco e una spruzzata di succo di lime. Il cocktail pare sia nato nei primissimi anni del Novecento quando i cubani, con l’aiuto degli americani, conquistarono l’indipendenza dalla Spagna; da qui il matrimonio tra il liquore dell’isola e la bevanda statunitense. ‘Cuba libre’ è il titolo scelto da alcuni dei quotidiani italiani, conservatori o reazionari, per ‘festeggiare’ il 26 novembre

la morte di Fidel Castro.
Il Giornale
, proprietà della famiglia Berlusconi e direttore Alessandro Sallusti, sotto il titolo ‘Cuba libre’ nel sommario scrive: “Dittatore sanguinario molto amato dai salotti della sinistra italiana. Con lui si spegne finalmente l’incubo del comunismo”. La Verità, il giornale guidato da Maurizio Belpietro, utilizza ‘Cuba libre’ per aprire la seconda pagina, mentre piazza in prima: Morto

Alessandro Barbano

Castro e finalmente (forse) anche il comunismo”. Passiamo al terzo quotidiano di destra, Libero diretto da Vittorio Feltri, che sceglie una strada diversa, ma è allineato all’idea del ‘finalmente se ne è andato’ espressa dai primi due: “Meglio tardi che mai”. Inutile citare i titoli equilibrati e problematici dei grandi quotidiani nazionali, Corriere della sera, che pubblica una raffica di servizi da pagina 2 a pagina 9, la Repubblica, che copre la notizia con articoli dalla seconda all’undicesima pagina, e La Stampa, e dei giornali di sinistra come il Fatto Quotidiano, l’Unità e il manifesto.
Vediamo invece i giornali della flotta di Francesco Gaetano Caltagirone e partiamo dalle navi piccole. Giancarlo Laurenzi che pilota il Corriere Adriatico di Ancona e Claudio Scamardella che governa il Nuovo Quotidiano di Puglia di Lecce fanno la stessa, singolare, scelta: ignorare la morte di Castro. Completo e obiettivo il Gazzettino di Venezia e Mestre diretto da Roberto Papetti. Titolo: “Fidel Castro, una morte che divide”; catenaccio: “Il Papa: una notizia triste. Putin: esempio per molti Paesi. Trump: un

Virman Cusenza

dittatore sanguinario”. E arriviamo alla corazzata e all’incrociatore della flotta, Il Messaggero e Il Mattino. I direttori Virman Cusenza e Alessandro Barbano scelgono, o concordano, lo stesso titolo: “Cuba libre”. Poi la costruzione della prima pagina imbocca strade diverse. Barbano vuole far capire al lettore quale è la sua opinione su Castro. Comincia scegliendo per il titolo ‘reazionario’ la foto più cupa. Ha in squadra un giornalista,

Francesco Romanetti, per anni capo degli Esteri, esperto di Centro e Sud America, più volte inviato all’Avana dal Mattino; il direttore non può ignoralo, ma può depotenziarlo. Conclusione: il titolo dell’articolo di Romanetti è “Il fenomeno / Quelli che si sono fatti affascinare”.
Ma il meglio Barbano lo dà con l’editoriale di Romano Prodi pubblicato con identico testo e identica collocazione, in apertura del giornale, dal Messagero. Cusenza però sceglie come titolo una citazione del testo: “Cosa rischia la Disneyland della miseria”. Il direttore del Mattino invece va molto oltre le parole del prudente ed equilibrato Prodi: “Non è stato assolto dalla storia”.
Il titolo forzato è in puro stile Barbano; – commenta uno dei graduati di via Chiatamone – rivendica il diritto di imporre una linea identitaria molto netta per confezionare un giornale che lasci un segno, con una linea politica chiara in grado di offrire una lettura approfondita dei fatti.

Idea giusta, realizzazione molto spesso sbagliata perché Barbano è rimasto ai tempi della guerra fredda, non ha ancora metabolizzato la caduta del Muro. Ha una lettura ossessiva del

Giancarlo Laurenzi, Roberto Papetti e Claudio Scamardella

passato e non coglie le sfide della modernità. È un conservatore nostalgico e non ha la sensibilità e la duttilità che avevano i vecchi democristiani, ha griglie di interpretazione manichee: la realtà o è bianca o è nera. Così non capisce un personaggio delle dimensioni di Fidel Castro che ha segnato la storia del Novecento. In anni lontani e in anni vicini tre papi e Barack Obama sono andati a Cuba: Barbano non avrebbe autorizzato il viaggio”.