Ormanni: il morto
sta bene in salute

I QUATTROCENTO milioni di visitatori che ogni mese consultano Wikipedia, l’enciclopedia più diffusa nella storia dell’umanità, da qualche giorno possono sapere con “certezza” che Italo Ormanni, magistrato, ex procuratore distrettuale antimafia del Lazio, pubblico ministero che tra il 1962 e il 2011 ha condotto inchieste su camorra e mafia, è morto il 3 dicembre 2022. Ma ci dicono che non è vero, avrebbe detto Alighiero Noschese (indimenticabile imitatore) in una gag in cui impersonava lo storico giornalista del Tg2 Mario Pastore. L’informazione è più volte inciampata in notizie infondate che annunciavano la morte di personaggi più o meno noti. Quando l’agenzia Associated Press pubblicò il necrologio di Mark Twain, lo scrittore, in

vacanza alle Bermuda, inviò un telegramma: “Spiacente di deludervi, ma la notizia della mia morte è grossolanamente esagerata”.
Se in passato notizie del genere potevano definirsi isolati incidenti di percorso, con

Umberto Eco e Mark Twain (*)

l’informazione digitale che ha sostituito la verifica con la velocità, i giornalisti con i tastieristi e i giornali con le piattaforme on line, queste notizie sono diventate valanghe inarrestabili che nonostante le smentite e i tentativi di correzione restano a galleggiare nell’eternità virtuale della rete avverando il paradosso delle bugie con le gambe lunghe che ispirò Eduardo De Filippo in una sua commedia del 1947.
Il pomeriggio del 3 dicembre 2022 ero in treno, tra Roma e Maratea, quando mi arriva un affettuosissimo e commovente messaggio di un caro amico avvocato che piange con me la morte di mio padre e ne ricorda la figura che definisce “mitica”. In pochi minuti i messaggi si moltiplicano. Apro internet (quello che secondo Umberto Eco ha dato voce a legioni di imbecilli) e scopro che il sito web del Corriere della Sera (quel Corrierone che per noi vecchi giornalisti era quasi una fonte privilegiata) annuncia la morte di Italo Ormanni “ex giudice di Forum” (il programma condotto da Barbara Palombelli). Ora, è vero che mio padre, quando è andato in pensione nel 2011, per un annetto ha interpretato il giudice a Forum, all’epoca condotto da Rita Dalla Chiesa, ma definire tout court giudice di Forum un magistrato che per cinquant’anni ha invece lavorato in tribunali veri e non in quelli da operetta, mi sembra un po’ esagerato. Tuttavia, da giornalista che nella sua inutile carriera ne ha viste di tutti i colori, non telefono a mio padre, che tanto è morto, ma a mio fratello, Mi risponde tutto allegro e questo mi induce a ritenere che nemmeno lui sappia della terribile notizia. Per non traumatizzarlo, la prendo larga:

Eduardo De Filippo e Giovanni Falcone

come va? Tutto bene? Nessuna domanda come “tutto bene?” getta nel panico l’interlocutore: non so… sì… perché? Cosa è successo? A questo punto affondo il coltello: hai sentito papà? Gli basta questo per scoppiare a ridere: ahahahah! Sì sì, non è

morto! Dunque sapevi tutto, replico. E perché non mi hai avvisato? Che ti avvisavo a fare? risponde, è chiaro che è un errore, non ci crede nessuno. Nessuno, gli spiego, tranne l’esercito di tastieristi con il tesserino dell’ordine dei giornalisti in tasca che popolano il mondo dell’informazione 4.0.
In poche ore decine e decine di siti, dai blog di provincia a quelli di testate giornalistiche blasonate come il Corriere e la Repubblica, Today, Roma.net, Msn.com per finire con le testate “rampanti” come Fanpage che si fregiano del titolo autoassegnato di “giornali d’inchiesta”, danno la notizia della morte di Italo Ormanni in una corsa frenetica a copiarsi l’una con l’altra (la funzione copia-incolla è deleteria) in omaggio alle due principali regole auree che già trent’anni fa, insieme con il collega e amico Enzo La Penna, individuammo come i nuovi must del giornalismo del futuro: 1) non consentire mai alla verità di rovinare una buona notizia, 2) credi a tutto ciò che scrivi chiunque sia a dettare.
A questo punto telefono a mio padre e lo trovo molto indaffarato, come mi spiega lui stesso (che evidentemente non è morto), a rispondere a messaggi di condoglianze che arrivano sul telefono della sua compagna. Mentre rispondo a mia cugina – sua nipote – che mi scrive dall’Australia disperata, mio padre, il morto che sta bene in salute, a sua volta risponde alla segreteria generale del Quirinale che vuole sapere giorno e ora delle

esequie. Informandoli che per il momento la cerimonia è rimandata.
Chiudo la telefonata con mio padre e ricevo quella di mio fratello che mi chiarisce l’origine del paradosso: il sito ufficiale di Forum, a sua volta affidato come è

Raffaele Cutolo e Michele Zaza (*)
consuetudine a curatori esperti della rete ma solo di quella, la mattina ha dato la notizia della morte “del grande Italo, fondatore e colonna portante del programma per anni”. “Il grande Italo”: così, senza aggiungere altro. Nessuno che si preoccupi di specificare che la redazione di Forum è a lutto per la morte di Italo Felici, storico autore del programma. Ed ecco che i presunti giornalisti, ormai ridotti a guardoni del web, decidono di dare un volto a quel “grande Italo” e non trovano di meglio, per sapere di quale Italo si tratti (visto che i curatori della pagina ufficiale di Forum pensano che il “loro” Italo sia come il famoso biliardo di Foligno: il centro del mondo e dunque non occorre il cognome) lanciano come bombe a mano nei motori di ricerca le due parole “Italo” e “Forum”. E quelli, i motori di ricerca, consegnano il risultato che l’intelligente algoritmo trova più frequentemente: Italo Ormanni giudice a Forum. È a questo punto che si manifesta tutta la professionalità del nuovo giornalismo: i tastieristi col tesserino si spendono in una accurata ricerca biografica e spiegano che Italo Ormanni, oltre ad essere una delle colonne portanti e fondatore di Forum (questo è certo perché lo dice la pagina ufficiale), ha lavorato con la Dea e l’Fbi in importanti inchieste, è stato consulente della presidenza del Consiglio al tempo del governo Giovanni Spadolini, componente della Commissione parlamentare Antimafia insieme con Giovanni Falcone, ha arrestato i boss Raffaele Cutolo, Lorenzo Nuvoletta, Michele Zaza i nuovi brigatisti che hanno assassinato Massimo D’Antona, è stato capo dipartimento del ministero della Giustizia, si è occupato dell’estradizione dal Brasile del terrorista Cesare Battisti e così via nella descrizione di una doppia vita di autore a tempo pieno di un programma televisivo di giudici finti e di pubblico ministero in tribunali veri. Un fulgido esempio di miracolosa ubiquità.
Poco importa che già nel pomeriggio del 3 dicembre, alle 16.04, uno dei tanti siti d’informazione che affollano il web dove ormai ognuno informa sé stesso, pubblichi un articolo in cui si dà notizia della gaffe.
Rita Dalla Chiesa e Roberto Ormanni

Sebbene il pezzo, firmato da Marco Santoro, redattore freelance, abbia a corredo perfino la foto di Italo Felici e la vera storia dell’autore televisivo scomparso, tutti gli altri restano prigionieri della loro corsa verso il baratro.

E anzi, raggiungendo inimmaginabili vette di grottesco, qualcuno pubblica la foto di Italo Felici con la didascalia Italo Ormanni mentre altri, come il grande Fanpage, annulla l’articolo con la foto di Italo Ormanni, inserisce quella di Italo Felici ma lascia la biografia del magistrato Italo Ormanni. Per la serie: non si sa mai, la verità è sempre nel mezzo. Così che poi bisognerebbe annullare anche l’annullamento. Italo Ormanni resta morto, per alcuni giornali web, anche il giorno dopo e nonostante i principali giornali abbiano sostituito gli articoli sbagliati con quelli giusti, il link di indirizzamento resta quello iniziale. Quello che dà per morto Italo Ormanni. In una schizofrenia informativa che solo il web è capace di offrire.
La favola, come tutte le favole, dovrebbe avere una morale: i redattori capo, i vice caporedattori, i capiservizio che dovrebbero controllare i siti web d’informazione dove sono? E i direttori e gli editori che dovrebbero controllare i controllori cosa fanno? Domande inutili perché ciò che conta è il “click”, garanzia di visualizzazioni e dunque di pubblicità. E un click, come un tempo l'immagine, vale mille parole. Così che torna in mente una fulminante battuta di Ennio Flaiano: l’alluvione come è andata? La critica ne ha parlato bene ma al pubblico non è piaciuta.
Roberto Ormanni
(*) Da Wikipedia