Condotta antisindacale,
Mattino in aula il 5 giugno

AL MATTINO SEMBRA improvvisamente ammorbidirsi la linea dei falchi che guidano il giornale: l’amministratore delegato Albino Majore, il direttore generale Massimo Garzilli, il capo del personale Raffaele Del Noce.
Dopo l’ordinanza, depositata il 5 febbraio dal giudice del lavoro del tribunale di Napoli Fabrizio Amendola, che ha condannato per attività antisindacale i dirigenti del Mattino, la spa controllata dalla Caltagirone Editore, era già pronta un’offensiva per fare capire ai giornalisti che le decisioni della

magistratura non scalfivano i rapporti di forza. Il primo passo, subito dopo la condanna del tribunale, è stata la lettera indirizzata al cdr (Ambrosino, Ciaccio e Romanetti), con la quale veniva disdettato l’accordo integrativo scaduto il 31 dicembre, con una serie di ricadute sui redattori, a cominciare dal ritiro dei cellulari aziendali. Quando i
Enzo Ciaccio e Massimo Garzilli
redattori, forti del decreto di Amendola, hanno presentato all’ufficio del personale la richiesta per ottenere la restituzione dei soldi o dei giorni di corta (o permesso) trattenuti dall’azienda, sono stati accolti da sorrisetti scettici, conditi da una domanda: ”E che cos’è questa lettera?”
Poi, a sorpresa, è successo qualcosa, non si sa bene che cosa, e l’atteggiamento dei vertici del giornale è cambiato. Il 9 marzo i redattori nella busta paga di febbraio hanno trovato i soldi o i giorni perduti. Nelle lettere inviate dall’azienda si precisava che il Mattino aveva presentato opposizione al decreto di Amendola e quindi si riservava di “ripetere” (traduzione: riprendersi) i soldi e “rideterminare” i giorni in caso di vittoria in tribunale. Se ne potrebbe dedurre la volontà di riprendere il dialogo, ma forse non è così.
Del Noce, in ogni caso, nega che ci siano state correzioni di rotta. “Non abbiamo mai avuto una linea dura, - dichiara a Iustitia – né una linea morbida. Ci limitiamo ad applicare norme e contratti. Anche ora ci stiamo muovendo dando esecuzione alle decisioni del magistrato”.
Diversa l’interpretazione di un avvocato lavorista, da decenni attivo nel settore


Marcello De Luca Tamajo e Raffaele Del Noce

giornalistico. “La filosofia sindacale dei vertici del Mattino, - dice – e in particolare di Del Noce, è quella del Super Bowl: bisogna sfondare la controparte. Per loro ‘trattativa’ è una parola verticale, non orizzontale. Forse le

ultime iniziative tengono conto dei suggerimenti del loro legale. De Luca Tamajo avrà spiegato che non dare esecuzione al decreto del magistrato non è un buon segnale, perché certificherebbe una radicata volontà prevaricatrice e antisindacale. Un segnale che arriverebbe forte e chiaro anche al giudice che dovrà pronunciarsi sull’opposizione al decreto presentata dal Mattino”.
Se pure c’è stata una scelta di ragionevolezza, ha avuto però durata brevissima. Nei primi giorni di marzo l’azienda ha disattivato i cellulari a traffico illimitato (i redattori hanno invece un fondo mensile di cinquanta euro). L’operazione riguarda tre giornalisti: il cronista Luigi Roano, il presidente dell’Associazione napoletana della stampa e componente del cdr Gianni Ambrosino, che l’aveva dal ’99, e l’altro membro del cdr Francesco Romanetti. L’otto marzo il segretario di redazione Riccardo Capece, che è un giornalista e quindi non dipende né da Garzilli, né da Del Noce, gli ha comunicato che ‘per la funzione ricoperta non è prevista la dotazione del cellulare', che gli era stato dato nel 2002.
“Si tratta di una decisione gravissima – denuncia uno dei redattori anziani - sul piano personale, professionale e sindacale. Quel numero, che con la disattivazione si perde, è stato dato da Romanetti, nella sua veste di capo del

settore esteri, ai terminali che abbiamo in ogni angolo del mondo. Anche di questo ennesimo colpo di mano i dirigenti del Mattino dovranno rispondere. Il cdr valuterà infatti con l’avvocato Giacomardo il tipo di violazione commessa, per decidere se procedere in sede civile o anche in sede penale”.
Intanto in tribunale i dirigenti del


Riccardo Capece e Francesco Romanetti

Mattino dovranno presentarsi il 5 giugno per discutere l’opposizione alla condanna per attività antisindacale. Si occuperà della causa Linda D’Ancona, abruzzese di Pescara, quarantatre anni, da diciassette in magistratura, ex presidente distrettuale dell’Associazione nazionale magistrati e giudice con grande esperienza in materia lavoristica.