Il 3 marzo muore a Roma il giornalista Raffaele Indolfi. Nato nel novembre del 1944 a Somma Vesuviana, la cittadina dell’ex segretario del Partito socialista italiano Francesco De Martino, in politica la sua stella polare, esordi giornalistici come corrispondente dell’Avanti!, praticantato al Diario, quotidiano dalla breve vita diretto da Massimo Caprara, nell’estate del 1982 Indolfi viene assunto al Mattino da Franco Angrisani e a via Chiatamone è rimasto fino al 2009 quando è andato in pensione, coprendo l’Italia come inviato per la politica, la giudiziaria e la cronaca bianca. Anche da pensionato ha continuato a scrivere fino agli ultimi mesi e dal 2011 non è stato mai pagato.
Come i redattori e il direttore hanno salutato l’inviato di migliaia di cronache? Il 3 marzo sul Mattino on line si sono limitati a mettere in pagina il lancio dell’Ansa. Il giorno successivo sull’edizione cartacea c’è un articolo completo firmato da Gigi Di Fiore, l’ultimo inviato ancora in servizio. Indolfi l’avrebbe però bonariamente rimproverato per un errore per lui imperdonabile: la testata che ha accompagnato la storia del Partito socialista è Avanti!, scritta senza articolo e soprattutto con il punto esclamativo.
Passiamo ai necrologi. Il 4 marzo ce ne è soltanto uno ed è del direttore del Messaggero Virman Cusenza che ha guidato il Mattino dall’agosto 2009 al dicembre 2012. Il giorno successivo ne vengono pubblicati due. Il primo è della famiglia, il secondo è firmato da due giornalisti del Mattino, Giuseppe Crimaldi e la neo pensionata Marisa La Penna, e dal cronista di Ansa Napoli Enzo La Penna.
Il 6 marzo c'è l’ultimo necrologio e viene da Milano: “Il direttore Andrea Pucci e tutta la redazione di News Mediaset si stringono a Ida Molaro per la perdita del compagno Raffaele Indolfi”.
Del direttore del Mattino Alessandro Barbano e dei redattori non ci sono tracce. Del resto un giornalista in pensione da nove anni è uscito dai radar, senza contare che un necrologio costa sui 300 euro.

Martin Beck