Mieli quest'anno sdogana De Mita

Ma si celebra ancora? Intendiamo il Mac π 100, si festeggia ancora? Nel secolo scorso i cento giorni che mancavano alla fine della scuola si festeggiavano con un grande happening di giovani organizzato dal gruppetto più smaliziato degli studenti dell’ultimo anno, allegra e incasinata. E un po’ pezzottata. Nel senso che il biglietto costava quello che costava, ma le locandine nei corridoi dell’istituto scolastico annunciavano la partecipazione di qualche cantante o gruppo che in quel momento spopolava, come Mal dei Primitives, o i Camaleonti, o Wess e Dori Grezzi. E si accorreva tutti, con la speranza di cuccare quella della terza F, che non ce l’avrebbe mai data.
Poi, nel locale scelto per l’evento, vedevi e sentivi suonare gente come Gli amici di mio cugino, Il custode del parco, Tony & i Nostalgici, i Mon amour. Presenze metafisiche, mai sentiti prima e mai più risentiti dopo. Però a metà della serata danzante appariva Mal, o Wess. Una canzone e via, verso il Mac π dei geometri, o dei periti industriali, che pure ne avevano diritto.
Ci è tornato in mente questo ricordo struggente (tutti i ricordi sono struggenti) lunedì 6 ottobre alla Sala Giancarlo Siani del Suor Orsola Benincasa, dove si presentava il Forum della Scuola di Giornalismo: '1980- 2008- Inchiesta sul terremoto', con una lectio magistralis della guest star Paolo Mieli, che della Scuola è il direttore. Non abbronzato come Wess, ma chissà perché il pensiero è andato all’interprete di Ti ho inventata io.
Tra le molte cose dette Mieli ha sottolineato che “quella tragedia non fu compresa nei primi giorni nella sua effettiva dimensione dai media”. Quella interminabile onda sussultoria- ondulatoria rappresentava “ un segno premonitore della fine della Prima Repubblica e dello sprofondamento della classe politica nazionale e meridionale”. La premonizione fu interpretata da pochi: tra questi un emigrante molisano che smette di fare l’operaio a Monaco di Baviera, torna in Italia e vince il concorso per uditore giudiziario nel 1981, (sarà un caso?) proprio mentre cominciano a girare le prime mazzette.
Ma non solo: il direttore del Corriere pare aver scelto da tempo con convinzione l’operazione sdoganamento: già lo ha fatto con precedenti lectiones magistrales. Dapprima per rivalutare la figura di Giovanni Leone, ex presidente della Repubblica, che finì nei guai per aver investito una antilope. Nel biennio successivo l’attenzione e l’inchiesta sono state dedicate al colera del 1973 a Napoli. Chi c’era lo ricorda bene: impazzavano i vibrioni e le esternazioni del vicerè Antonio Gava, intorno al quale fiorirono una serie di esilaranti aneddoti. Al capo doroteo della Dc che a suo modo tranquillizzava i fedelissimi (e minacciava i nemici) con la frase storica “I vibrioni passano, i Gava restano”, fu risposto: “Se ne vanno sempre i migliori” (controversa la paternità della frase: Enzo Biagi o l’Unità). Ma anche quello fu un segnale premonitore, che raggiunse il suo momento cruciale il 20 settembre 1993 (anniversario di Porta Pia, la fine di un potere temporale, le date significano pur qualcosa), quando un ufficiale dei carabinieri bussò alla porta di don Antonio all’Eur per arrestarlo. La domanda era di rito: «Lei è Antonio Gava?»  e l’ex potente, logorato non dal potere ma dal diabete, rispose: «Io ero Antonio Gava».
Stavolta, parlando di terremoto e Irpinia, nella sala Giancarlo Siani aleggiava lo spirito di Ciriaco De Mita, accusato ingiustamente in quegli anni, ha ricordato Mieli, di aver avuto un ruolo centrale nella spartizione dei 60mila miliardi destinati alla ricostruzione. Siamo fiduciosi, forse tra venti anni una sua lectio magistralis potrebbe intitolarsi: Berlusconi santo subito.
L’uditorio era formato da chi il 23 novembre 1980 non era ancora nato e da chi quella domenica stava lavorando in una redazione. Chi non era nato forse continuerà a chiedersi cosa mai sia successo di così epocale, chi era in una redazione ha sentito il bisogno di portare una testimonianza diretta, per la serie C’ero anch’io.
Il preside Lucio d’Alessandro dopo i ringraziamenti ripetuti a Paolo Mieli “che dirige la scuola così generosamente” (generosamente per chi? Almeno glielo riconosciamo un rimborso viaggi e un buono-pasto in trattoria?) ha dato la parola ad Ermanno Corsi, ex presidente dell’Ordine regionale dei giornalisti, “che ha chiesto di intervenire”. Corsi è sembrato un po’ spiazzato, ma da consumato uomo di mondo (è commendatore dal 2004) ha replicato: “Veramente non lo avevo chiesto, ma posso portare la mia testimonianza”. Ed eccola, commossa ed intimistica: “Quella domenica sera ero insolitamente a casa e ho stretto a me i miei tre figli” Cosa può mai valere un domenicale Rai in confronto ad un abbraccio paterno?
È il turno di Lino Zaccaria, caporedattore del Mattino: “Forse i media del nord sottovalutarono la portata della tragedia, ma noi del Mattino ci muovemmo in cinquanta la sera stessa, e il giorno dopo eravamo nel cratere del terremoto”.
Conclude Pasquale Esposito, da un anno pensionato del Mattino, che non sarà Mal ma il suo pubblico ce l’ha: “Scusate, ho fatto le scale di fretta, ma il farfallino di ordinanza è qui, in tasca, eccolo! Io ero in via Stadera col fotografo, che mi ha detto: ma qua non ci sta niente. E io gli ho risposto: per forza, c’era un palazzo, che ora non c’è più”. Standing ovation e occhi fissi della platea sul buffet della stanza accanto.
E chissà perché (sarà la vecchiaia) d’improvviso abbiamo un flash. E visualizziamo un titolo di giornale: “Fate presto!”.

Monteiro Rossi

(*) Da www.festivaldipotenza.com
 
Wess (*)
Paolo Mieli
1980. Il terremoto
Giovanni Leone
Antonio Gava
1973. Il colera
Enzo Biagi
Lucio D'Alessandro
Ermanno Corsi
Lino Zaccaria
Pasquale Esposito