Mannino condannato
anche in Cassazione

LA TERZA SEZIONE civile della Corte di cassazione (presidente Giacomo Travaglino e relatore Luigi Alessandro Scarano) con una ordinanza depositata il 9 giugno ha messo il sigillo alla citazione per diffamazione avviata dalla giornalista del Fatto Quotidiano Sandra Amurri condannando Calogero Mannino. La querelle nasce da un articolo del Fatto del 10 marzo 2012 firmato dalla giornalista che racconta di una conversazione ascoltata casualmente un paio di mesi prima al bar Giolitti, a pochi passi da Montecitorio, tra Mannino e un altro esponente dc, Giuseppe Gargani. Parlano della presunta trattativa ‘Stato-mafia’ e Mannino, che è indagato, gli chiede di parlare subito con Ciriaco De Mita perché dia ai magistrati che conducono le indagini la stessa versione: “se lo sentono a Palermo deve dire anche lui la stessa

cosa perché questa volta ci fottono”.
Al servizio del giornale Mannino risponde in maniera ‘violenta’.
In una serie di dichiarazioni e interviste rilasciate alla stampa e alle televisioni il più

Sandra Amurri e Calogero Mannino

volte ministro dc definisce Sandra Amurri “una spia”, “una mitomane”, “un agente volontario in servizio, nella Germania comunista sarebbe stata della Stasi o nell’Urss del Kgb ”.
Eppure in primo grado con una decisione sorprendente l’otto aprile del 2015 il giudice Donatella Galterio della prima sezione civile del tribunale di Roma in tre paginette respinge la richiesta di risarcimento e condanna la giornalista a pagare anche15mila euro di spese legali oltre accessori come per legge”.
Difesa dai legali Martino Umberto Chiocci e Alessandra Flamminii Minuto, Sandra Amurri decide di andare al giudizio di secondo grado e la prima sezione della Corte d’appello di Roma (presidente Gianna Maria Zannella, consiglieri Biagio Roberto Cimini e la relatrice Rosa Maria Dell’Erba) con una sentenza di quattordici pagine il 20 settembre del 2019 ribalta la decisione del primo grado e condanna Mannino, assistito dall'avvocato Paola Sistopaoli, a pagare 30mila euro di risarcimento danni oltre interessi legali dalla domanda al saldo e al pagamento delle spese di giudizio per il primo e il secondo grado liquidate in 14mila euro.
Nelle otto pagine dell’ordinanza la Suprema corte smonta le tesi di Mannino, “dichiara inammissibile il suo ricorsoe condanna l’ex ministro “a pagare 6.200 euro per le spese del giudizio di cassazione”.