Artisticamente Gigi D’Alessio si può anche discutere: c’è chi lo osanna e chi invece lo utilizza per fare feroce ironia, soprattutto sui suoi fans. Ma si tratta di gusti. D’altra parte proprio Totò diceva: de gustibus non sputazzellam est.
Ma su un omonimo del cantante non c’è discussione che regga: Ugo D’Alessio, icona del teatro napoletano e per una vita impareggiabile spalla di Eduardo De Filippo sui palcoscenici nonchè protagonista di film firmati da Roberto Rossellini, Pasquale Squitieri e Vittorio De Sica. E talvolta anche protagonista di film. Certamente ricorderete Decio Cavallo, l’emigrante italoamericano arricchito a cui Totò (il commendator Trevi) e Nino Taranto (nel film il ragionier Gerolamo Scamorza) vendono la fontana di Trevi ( “Dimme nu poco, paisa’, è nu buono
businis?”). È proprio lui, il grande Ugo.
Ora un episodio di cronaca ci fa tornare alla memoria questo artista indimenticabile: c’è stata di recente la questione della statua di Totò istallata a Alassio e poi costretta a trovare altra sistemazione. L’ha chiesta e ottenuta la città di Cuneo, altro topos della comicità decurtisiana (“Sono uomo di mondo, ho fatto tre anni il militare a Cuneo”), che l’ha piazzata nel cortile interno del municipio. E Il Mattino del 14 ottobre è come sempre sulla notizia e apre col botto, stavolta dedicato ai vertici della cronaca, Paolo Russo e Antonella Laudisi, freschi di nomina. L’imboscata è lì, in agguato nell’abbinamento tra la città ligure e Totò. E poi, D’Alessio - Decio Cavallo (che Totò nel film chiama Caciocavallo) è un personaggio che non si può dimenticare. Allora il titolo a quattro colonne diventa La rivincita di Totò: la statua da Alessio a Cuneo. |