Mattino-Di Micco, testi
in aula il 9 novembre

ALLA SECONDA UDIENZA, fissata per il 9 novembre, entrerà nel vivo la querelle giudiziaria tra Mattino spa e il giornalista Gregorio Di Micco, napoletano di Crispano, sessantacinque anni, da trentadue professionista, assistito nella vertenza dall’avvocato Marco Siviero, mentre il Mattino è difeso dall’avvocato Marcello De Luca Tamajo. Di Micco ritiene che la sua uscita dal giornale dopo il singolare accordo sullo stato di crisi siglato in sede ministeriale nel giugno del 2009 da un comitato di redazione a due cilindri

(presenti Marco Esposito e Pietro Treccagnoli, assente Daniela De Crescenzo) e senza la Federazione della stampa sia illegittima per due motivi. Il primo è collegato alla firma della lettera di dimissioni in qualche modo forzata perché veniva paventato il rischio di perdere addirritura la pensione in caso di un eventuale licenziamento, firma che Di Micco ha messo aggiungendo accanto la scritta “con riserva”. In questo caso quindi l’avvocato Siviero prospetta l’ipotesi di una violenza morale, sulla quale dovrà pronunciarsi il


Mario Orfeo

giudice del lavoro del tribunale di Salerno Diego Cavaliero. Del resto la contestazione della collocazione in cassa integrazione scattata il primo settembre del 2009 è stata fatta subito (il nove settembre) indirizzando al Mattino una lettera con la firma congiunta di Di Micco e del suo legale. E la contestazione era supportata dall’ordine di servizio firmato il primo luglio 2009 dal direttore Mario Orfeo che inseriva Di Micco nell’organico della redazione di Salerno.
“La seconda illegittimità – osserva Siviero - scaturisce dal fatto che non ci sarebbe un decreto del ministero del Lavoro sullo stato di crisi al Mattino che autorizzi la cassa integrazione per i giornalisti. Un vuoto che, se confermato, potrebbe avere riflessi anche sulle posizioni di altri cronisti di via Chiatamone”.