Sorvolo sui complimenti che Virnicchi mi riserva dipingendomi come un “forse giovane” “malinformato”, presuntuoso, inesperto e un po’ spione e vado subito al cuore del problema. Ad un anziano certe asperità verbali, un po’ come ai bambini, vanno perdonate.
Credo che Virnicchi abbia letto in fretta la mia lettera, non afferrandone l’essenza: quell’accordo firmato da Corsi, Ambrosino ed altri coglie alcune esigenze (evitare, per usare espressioni care al Virnicchi, “l’invasione di abusivi”, “disciplinare l’accesso all’informazione istituzionale”), ma non rappresenta per me una soluzione valida. Io penso sia sufficiente la tessera di iscrizione all’ordine dei giornalisti per avere a che fare con le istituzioni, ritengo che per accedere ad informazioni sensibili debba poi esserci anche un accredito della testata di appartenenza, ma non capisco a cosa servano pass gialli e arancioni in un contesto normale come quello napoletano. Virnicchi ritiene che siamo in guerra, che c’è un pericolo terrorismo, che è in atto un conflitto di camorra stile “Cutolo contro tutti” e che ci sono rischi per l’incolumità fisica dei giornalisti, dunque la necessità di farsi riconoscere con fasce, pettorine o striscioni su scenari del crimine? È libero di convenire sull’indispensabilità di questo accordo, ma ci deve consentire di pensarla diversamente.
Molti colleghi ritengono che questo accordo da un lato burocratizza il nostro mestiere e dall’altro accentra in sala cronisti, con tempi e meccanismi antiquati per la velocità dell’informazione del ventunesimo secolo, la titolarità quasi esclusiva di un rapporto con l’istituzione Questura, che non esiste in nessuna parte d’Italia. E Virnicchi, che si firma decano dei cronisti, sa di che cosa parlo.
Ultima osservazione: non ho mai scritto che l’accordo è “discriminatorio”, non ho mai pensato che chi l’ha firmato non era legittimato a farlo, non ho mai parlato di “lacci”. Ho scritto, ma forse Virnicchi non se n’è accorto, che Corsi e Ambrosino avevano ampio e legittimo mandato a rappresentarci. Ma non era meglio dibattere tutto ciò in un’assemblea dei giornalisti? Non era forse un argomento che poteva essere discusso tra consiglieri dell’Ordine dei giornalisti? Ecco perchè ho chiesto ospitalità a Iustitia per spiegare le mie ragioni.
A me l’accordo non piace e raccolgo firme per rimetterlo in discussione. Sono già una ventina i colleghi che vogliono rivolgersi al Prefetto Pansa, al Questore e al presidente dell’Ordine dei giornalisti della Campania per cassare un protocollo di intesa, che per altri aspetti, quelli che a Virnicchi stranamente sfuggono, è ai limiti della decenza per non dire della legalità.
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Post scriptum: a proposito, non credevo che le radioline sintonizzate sulle frequenze delle forze dell’ordine che gracchiano 24 ore su 24 in sala cronisti fossero illegali. Non pensavo di fornire ai poliziotti una “spiata”, e nemmeno credevo fosse una notizia di reato tanto palese. Certo, il fatto che un decano dei cronisti mi attribuisca una “spiata”, è un linguaggio che un po’ mi amareggia, ma poi mi guardo allo specchio e capisco che tra me e Virnicchi ci deve pur essere una qualche differenza. Capisco, però, perché è incazzato. Ve la ricordate la canzone di Caterina Caselli? “Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu, la verità mi fa male lo so….”
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