Coppola: "Azzeriamo l'accordo"

Cara Iustitia,
ti chiedo di ospitare questa mia replica che vuole essere una risposta non solo a quanto scritto dal segretario La Porta ma anche un modo per tentare di sgomberare il campo da alcuni equivoci che la mia intervista può aver generato.
Primo fra tutti quello di un mio presunto accanimento personale verso l’Ugiv e i suoi iscritti o addirittura la mia volontà di travisare l’episodio “ per scardinare ben altri equilibri ...” .
Chi mi conosce, e ringrazio il segretario La Porta per averlo riconosciuto, sa che sono poco avvezzo al protagonismo, preferisco impegnare tempo e energie per accrescere e tutelare la qualità del lavoro mio e quello dei miei collaboratori. Ho sempre considerato la professione giornalistica una responsabilità più che uno status da cui trarre prestigio personale o, ancora peggio, inopportuni privilegi.
Ho iniziato a lavorare come regista nei ruoli della produzione e pertanto ho un rapporto consolidato con i tecnici, primi fra tutti gli operatori di ripresa; conosco i loro problemi e nutro una profonda stima per il loro lavoro. Non avrei nessun motivo per denigrare o ostacolare la loro legittima volontà di riunirsi in un’associazione che li rappresenti e li tuteli. L’estensore dell’articolo può testimoniare che più volte ho ribadito questo concetto durante l’intervista.
Il segretario La Porta, facendo evidentemente riferimento ad una mia dichiarazione sull’Ugiv (“Non mi interessa qui approfondire le caratteristiche, cioè da quanto tempo esiste, chi ne fa parte, chi la guida, quali scopi persegue…”) mi accusa di “ accanimento verso un gruppo di specializzazione che come egli stesso ha ammesso non conosce…”.E chi l’ha mai detto! Ho dichiarato: “Non mi interessa approfondire...”, ho preferito non parlare dell’Ugiv, non per ignoranza ma perché la discussione restasse focalizzata sul problema specifico evitando inutili personalizzazioni. Sono contrario ai contenuti dell’iniziativa (mi riferisco al protocollo firmato con il Questore) non alle persone o alle associazioni che lo hanno sottoscritto!!!
Non condivido che sia delegato in via esclusiva ad un’associazione il compito di attestare, quindi di accreditare, i cinefotooperatori. Secondo il segretario La Porta nel protocollo questa “esclusiva” non è specificata. Mi sembra un tentativo tardivo di correre ai ripari.
Il significato dell’articolo 2 comma 2 del protocollo è chiarissimo e non lascia spazio ad errate interpretazioni. Non è il caso di ricorrere all’autopsia del periodo per determinare la giusta coerenza tra significato e significante. Gli artifici lessicali lasciamoli alla politica. I giornalisti hanno l’obbligo della chiarezza e della sintesi. La Questura ha di fatto, scavalcando l’autonomia dei direttori delle testate giornalistiche, demandato all’Ugiv il compito di certificare gli operatori che possono operare sui luoghi della cronaca.
Del resto lo stesso segretario La Porta successivamente specifica che “l’Ugiv, in ottemperanza del punto 2 comma uno, ha chiesto ai suoi iscritti e non, un attestato delle emittenti televisive di effettiva collaborazione dei fotocineoperatori con le stesse. Quindi si parla di attestazione di garanzia dietro presentazione di attestato di collaborazione”.
Allora la certificazione o meglio la garanzia dell’Ugiv è necessaria! Mi perdoni il segretario La Porta, ma che senso ha tutto ciò? Perché mettere in moto una catena di Sant’Antonio dove il direttore della testata certifica la collaborazione dell’operatore all’Ugiv, che poi a sua volta deve accreditare lo stesso operatore presso la Questura? Se, come mi sembra di capire dalle parole del segretario La Porta, l’Ugiv non filtra gli accrediti presentati dai direttori di testata ( e del resto su quali basi potrebbe operare una censura?) perché la dichiarazione del direttore non è di per sè esaustiva ad accreditare direttamente il cineoperatore in Questura?
Non ho la pretesa di conoscere tutti i cineoperatori ma neanche l’Ugiv può avere la pretesa di conoscere i miei collaboratori meglio di me! Molti di loro li ho formati personalmente in azienda e ritengo di poterne rispondere senza ulteriori sigilli.
Qual è la necessità della doppia certificazione? Scusi l’ironia ma questo episodio mi richiama alla mente lo slogan di una vecchia pubblicità : “ la banana con il bollino blu” …ma una banana con il bollino è più banana delle altre?
Ancora il segretario La Porta mi invita, ove mai non volessi firmare l’attestato, ad appellarmi a quanto citato nel punto 3 del protocollo, quello cioè che fa riferimento ai Free Lance. La Porta mi dovrebbe spiegare per quali motivi dovrei “appellarmi” ad un escamotage per ottenere quello che invece ritengo sia un mio diritto. Perché mai dovrei mentire dichiarando che un mio cineoperatore è un libero professionista (traduzione di Free Lance tanto per capirci) quando quell'operatore è invece assunto con contratto di lavoro subordinato e continuativo?
Del resto per quanto riguarda i free-lance non è chiaro se il documento faccia riferimento ai giornalisti, agli operatori cinetelevisivi o ad entrambi.
Un’altra accusa che mi viene mossa è quella di aver definito incostituzionale l’iniziativa. E su questo punto ho il dovere di puntualizzare il senso delle mie parole, altrimenti dovrei dare ragione al segretario dell’Ugiv Campania quando dice che ho “ scomodato la Costituzione”.
Il protocollo non chiarisce che l’Ugiv certificherebbe il lavoro dell’operatore a prescindere dall’iscrizione dello stesso all’associazione. Dal documento si evince solo l’obbligatorietà dell’attestazione. Pertanto, almeno da quanto scritto, si evince che essere o non essere certificati dall’Ugiv costituirebbe (almeno fino a fine anno) una discriminante per i cineoperatori impegnati nella cronaca. Senza riconoscimento Ugiv non potrebbero lavorare.
Per fare un esempio sarebbe come autorizzare ad un determinato impiego solo i lavoratori iscritti ad un determinato sindacato. Se non è incostituzionale questo! O ancora, per maggiore attinenza, sarebbe come vietare ai giornalisti non iscritti dall’Unione Cronisti di occuparsi di fatti di cronaca.
Mi sembra che i colleghi dell’Ugiv, con l’avallo del Questore, abbiano scambiato le prerogative delle associazioni o gruppi di specializzazione con quelle degli Albi o degli Ordini Professionali, ovvero enti organizzati e istituiti per legge dello Stato, ai quali bisogna essere obbligatoriamente iscritti per l’esercizio della professione.
Sull’argomento pass gialli ed arancioni non intendo dilungarmi neanche io. Il mio intervento si riferiva esclusivamente ai giornalisti (intendo chi scrive l’articolo) che essendo già in possesso del tesserino dell’Ordine non hanno bisogno di altre tessere o cartoncini colorati per esercitare la professione. Per i cineoperatori non iscritti mi sembra giustissimo dotarli di un pass che gli permetta di essere riconosciuti sui luoghi della cronaca.
Passo alla parte conclusiva della lettera. Il segretario dell’Ugiv Campania ha “scoperto “ una mia debolezza (e chi non ne ha ). Per La Porta la mia apprensione più che dal principio è mossa da interessi economici, anzi di profitto. E’ vero, confesso la debolezza. Confesso che sono preoccupato per i problemi economici che potrebbero derivare dall’applicazione ingiustificata del contratto giornalistico agli operatori e perché no anche ai montatori.
È dovere per chi assume compiti direttivi in un’azienda trovare il giusto equilibrio tra la vocazione dell’impresa privata al profitto (nessuna legge lo vieta, mi pare) e gli interessi ed i diritti dei lavoratori.
Entrambi sono leciti e nessuno dei due deve prevalere sull’altro.
In questo modo le aziende possono crescere e garantire condizioni di lavoro migliori e più qualificate. Caro La Porta, se questo equilibrio viene compromesso, in particolare nelle piccole aziende locali, il danno ricade, immancabilmente, tutto sulle spalle dei lavoratori.
Comunque, ove mai fosse da rivedere il posizionamento contrattuale dei cineoperatori, questo comporterebbe l’apertura di un tavolo di trattativa con tutte le parti interessate, editori compresi, da organizzare a livello centrale e non periferico; la sede competente sarebbe Roma e non la Questura di Napoli. Con questo ritengo di difendere i miei diritti e quelli dei miei collaboratori che, come La Porta ha sottolineato, e lo ringrazio, sono tutti contrattualizzati.
Non mi ergo a paladino di nessuno e tanto meno di chi non rispetta i diritti dei lavoratori, che andrebbe penalmente perseguito. In questo caso sosterrei le eventuali iniziative dell’Ugiv o di qualsiasi altra associazione.
Sul confronto che il segretario La Porta auspica sono più che d’accordo, e forse sarebbe stato meglio, come egli stesso ha ammesso, che “la discussione naturale” fosse avvenuta “prima della firma”. Ma forse anche lui, come troppi di noi, ha saputo del protocollo d’intesa leggendolo dai giornali. Naturalmente la discussione dovrebbe anche riguardare i principi secondo i quali l’attività di un cineoperatore si configuri come attività giornalistica. Su questo, è la mia opinione personale, andrebbero riviste parecchie posizioni. Andrebbe ad esempio considerata in modo diverso l’attività del fotografo da quella del cineoperatore. Il primo è autore unico dell’elaborato fotografico/informativo; il secondo collabora in parte, così come il montatore, all’elaborato giornalistico il cui autorato intellettuale appartiene quasi sempre all’estensore del servizio scritto. Comunque su questo punto si dovrebbe aprire un confronto più serio e ampio.
Ben vengano le iniziative tese a migliorare il nostro lavoro, sarebbe il caso però di resettare quella in oggetto e ripartire.
L’obbiettivo è comune! Difendere gli operatori dell’informazione e migliorare le condizioni di lavoro di tutti, anche di quelli che La Porta definisce, mi sembra con una sottile ironia, “fotocineoperatorigiornalistiintervistatori”. A proposito, almeno per quel che mi riguarda, ai miei operatori non ho mai chiesto di fare interviste. Semmai, e di rado, ho chiesto di reggere il microfono per riprendere l’audio di dichiarazioni rilasciate contemporaneamente a più colleghi. Questo presuppone lavoro giornalistico? Se così fosse all’assistente che regge il faretto dovremo riconoscere la qualifica di direttore della fotografia!!! Ma questa è una battuta!
Caro segretario La Porta, spero di essere stato esaustivo. Le auguro buon lavoro.

Vincenzo Coppola