Quale ardito percorso poetico e letterario lega Dante ad Andrea Agnelli, Omero a Kwadwo Asamoah, Virgilio a Antonio Conte? E, tutti insieme, cosa hanno da spartire con il sesso orale? Ce lo spiega Andrea Manzi (proprio l’ex vice direttore del Roma o soltanto omonimo del fine intellettuale i cui editoriali erano oggetto di accesi dibattiti al Padiglione Livorno di Poggioreale).
Dunque Manzi ha assistito il 16 aprile alla finale di Coppa Italia Primavera al San Paolo tra Napoli e Juventus, vinta dalla Juventus, e ne scrive sul Napolista.it attingendo alla propria inesauribile ironia: “mentre me ne andavo dallo stadio” ero “sconvolto dal comportamento del portiere della Juve sul primo gol; poi, stamattina, ho visto il video dell’espulsione di Gerbaudo e mi sono convinto ancor di più della bontà della mia idea”. I due giocatori juventini hanno manifestato in maniera rozza e volgare il proprio entusiasmo. Eppure “l’atmosfera era, per usare un sintagma dei più triti e ritriti, di festa”. Ognuno, chi dal Pallonetto, chi da Scampia, chi da Largo Baracche, aveva portato un po’ di sintagma allo stadio. Quanto ne poteva portare: basta il pensiero.
Sfottò e cori contro i giocatori bianconeri, riferimenti “sulle pratiche amatorie fra tifosi e famiglia Agnelli, sugli juventini parti puzzolenti di escrementi umani, eccetera eccetera. Sinceramente tutto nella norma (vivaddio, aggiungiamo noi) perché lo stadio è il luogo in cui si dicono cose che non si direbbero mai altrove, è il luogo in cui si sbraita e si vomita di tutto addosso all’avversario”. Sana goliardia, tant’è, continua il nostro Manzi: “per dire, io l’ultimo Napoli-Juve di campionato l’ho visto con accanto uno juventino ammacchiato, al quale non mi sono neppure sognato di fare nulla di più che sfotterlo per tutta la partita”.
Ecco la grandezza di Manzi: all’andata la Juventus ha vinto 2-0, al ritorno è finita 1-1. Per gli azzurri un solo punto in due partite, eppure Manzi ha sfottuto l’amico juventino per tutta la partita. Questa è sportività. Però “quel che è scandaloso è che dei ragazzi della Primavera rivolgano gestacci al pubblico, come il simpatico e mite Gerbaudo, o provochino apertamente la Curva B, come l’ignoto ed anonimo portiere bianconero, che al primo gol si è girato verso la curva e per tre volte (tre, non una!) ha esultato platealmente e si è battuto la mano sullo stemma della Juve”. E questo non si fa, ha ragione Manzi (che si chiama come Pirlo e Barzagli, dettaglio mica da nulla) il quale con la stessa tempestività del cavolo a merenda ci ricorda che “fra liceo, università e dottorato di ricerca frequento oramai da più di dieci anni le letterature classiche e medievali”. E quindi? state pensando voi che siete capre. Manzi spiega che quegli autori applicavano “ la regola della ‘convenientia’ del contenuto e dello stile: ad un certo contenuto, ad un certo argomento, doveva corrispondere sempre una certa forma, un certo stile. Alla grossa, cioè: contenuto basso, stile e parole basse; contenuto alto, stile e parole alte. Per dirne una: ad una donna-pietra, aspra, dura e crudele, Dante dedica una canzone in cui si propone apertamente di parlare aspro”. Avete capito? Noi no, ma è ininfluente. Ed ecco il finale di Manzi: “stamattina, dopo aver assistito alle modalità con cui lo stile-Juve si esprime a tutti i livelli e a tutte le età, mi sono svegliato con l’assoluta certezza che, miei “cari” bianconeri, insultarvi (sempre senza mettere in mezzo eruzioni vulcaniche o l’igiene personale, ça va sans dire) sia nient’altro che un dovere. Da stamattina in avanti, saprò con certezza assoluta che cantarvi che fate sesso orale con la famiglia padrona non solo rende felice me, che così posso esprimere tutto il disgusto e l’odio che provo nei vostri riguardi; ma rende anche felici Omero, Virgilio e Dante Alighieri.
Noi abbiamo due domande: qualcuno ha una compressa per il mal di testa? E poi: avete notato come Giorgio Chiellini somigli a Dante? |