Siani, un libro
a tempo scaduto

GIANCARLO SIANI non avrebbe mai vinto il premio Siani, e non perché il libro che stava scrivendo sugli intrecci tra camorra, politica e imprenditoria a Torre Annunziata non si è mai trovato. Non avrebbe mai vinto il premio perché era un ragazzo capace, determinato, scrupoloso (e su un quaderno annotava data e titolo di tutti gli articoli che scriveva per il Mattino) ed era anche un cronista che non si limitava a predicare la legalità, ma cercava di

praticarla.
Dopo anni di purgatorio e di promesse, era ancora nella folta pattuglia dei precari Mattino in attesa di contratto e il direttore Pasquale Nonno soltanto dopo la sua morte annunciò che


Virman Cusenza, Armando D'Alterio e Bruno De Stefano

l’assunzione era oramai prossima; non aveva grandi conoscenze all’Ordine dei giornalisti (nel 1985 il presidente era Cesare Marcucci e il segretario Giuseppe Calise), altrimenti con gli oltre settecento articoli scritti per il quotidiano di via Chiatamone avrebbe potuto ottenere un praticantato d’ufficio dal momento che non svolgeva un’attività da collaboratore o da corrispondente ma da redattore. E non avrebbe avuto neanche grandi chance al premio Siani, organizzato dall’Ordine dei giornalisti (presente nella giuria con il presidente Ottavio Lucarelli e il segretario Gianfranco Coppola), dall’Assostampa (rappresentata da Enzo Colimoro e Cristiano Tarsia) dal Mattino (il direttore Virman Cusenza e Daniela Limoncelli) dall’università Suor Orsola Benincasa (il rettore Lucio D'Alessandro e Guido Pocobelli Ragosta) e dall’associazione Siani, che ha quattro giurati: Paolo Siani, Enzo Calise, Geppino Fiorenza e Adriana Maestro, mentre la presidenza quest’anno è stata affidata al procuratore di Campobasso Armando D’Alterio, che nell’estate del ’93, insieme al capo della squadra mobile Bruno Rinaldi, riprese con determinazione le indagini sull’omicidio Siani individuando killer e mandanti che sono stati poi condannati con sentenza


Giuseppe Calise, Cesare Marcucci e Pasquale Nonno

definitiva dalla Corte di cassazione.
Il 17 settembre Lucarelli ha annunciato i vincitori dell’edizione 2012: il primo premio con assegno di 2500 euro, riservato agli autori di un’opera edita sui temi della

libertà d’espressione pubblicata entro il 20 giugno 2012, è andato ex aequo a ‘Giovanni Falcone, un eroe solo’” di Maria Falcone, con Francesca Barra, edito da Rizzoli, e a ‘Giancarlo Siani. Passione e morte di un giornalista scomodo’ di Bruno De Stefano, edito da Giulio Perrone.
La decisione suscita però, per usare un eufemismo, forti perplessità. I tredici giurati del premio intitolato a una giovane vittima della camorra per diffondere la cultura della legalità hanno infatti premiato il libro che Bruno De Stefano ha presentato il 18 settembre alla Feltrinelli di piazza dei Martiri, mentre non è stato ancora distribuito nelle principali librerie napoletane (Fnac e Loffredo). Allora perché il premio? Che necessità c’era di dimostrare anche nel caso di un premio per la legalità che le regole valgono soltanto per i fessi?
Iustitia ha girato la domanda al presidente dell’Ordine Ottavio Lucarelli, che, come al solito, da difensore di vecchia scuola butta la palla in calcio d’angolo: “Delle decisioni della giuria del premio Siani parla soltanto il presidente”. Allora chiamiamo Campobasso alla ricerca del procuratore della Repubblica. D’Alterio ascolta le perplessità sul premio assegnato a un libro stampato dopo la scadenza dei termini e detta una risposta formale: “Faremo immediate verifiche in relazione a quanto da lei riferito”. È invece sconcertante la spiegazione che fornisce De Stefano. Alla presentazione del suo libro alla Feltrinelli assicura al direttore di Iustitia che il volume è stato stampato a giugno. Quando gli obiettiamo che pochi giorni prima ci aveva detto che il testo era disponibile soltanto in bozza ci mostra con un po’ di imbarazzo la pagina interna del libro che riporta la dicitura “stampato nel giugno 2012”.
Un autogol clamoroso che trasforma una forzatura in un imbroglio costruito a tavolino perché ci sono soltanto due ipotesi: o il libro è stato stampato a giugno e lasciato tre mesi a essiccare al sole o qualcuno della giuria ha

garantito la vittoria e autore e/o editore hanno operato una retrodatazione.
Un pasticcio che mina la credibilità del premio e che rilancia la polemica contro i detentori dell’esclusiva sulla lotta alla camorra.


Maria Falcone (*), Ciro Pellegrino e Bruno Rinaldi

Un pasticcio particolarmente grave perché il premio Siani ha già un precedente, altro eufemismo, poco limpido. Siamo nella primavera del 2007 e Lucarelli sta scatenando l’offensiva per scalzare, dopo diciotto anni di dominio incontrastato, Ermanno Corsi dalla presidenza dell’Ordine campano. Uno degli uomini più preziosi del suo esercito, che a giugno conquisterà Cappella Vecchia, sarà Ciro Pellegrino, che organizza il sito elettorale e muove centinaia di mail. Tre mesi dopo si svolge la quarta edizione del premio Siani e i vincitori sono tre: Filippo Conticello, Paolo Chiariello e Ciro Pellegrino. Il lavoro di Pellegrino è un rimaneggiamento della tesina utilizzata per ottenere la laurea a Sora ed è centrato sulle nuove espressioni della camorra. Abbiamo cercato disperatamente il libro, ma non ne abbiamo trovato traccia: o qualcuno ha rastrellato tutte le copie o non è mai stato pubblicato. La seconda ipotesi appare francamente incredibile, ma se dovesse essere vera gli organizzatori di un premio che vuole avere dignità e credibilità dovrebbero chiedere a Pellegrino la restituzione dell’assegno e scusarsi con tutti gli autori che hanno partecipato all’edizione 2007. Per chiudere un suggerimento ai promotori del premio: se hanno bisogno di avere le mani libere per assegnare riconoscimenti a chi vogliono possono creare una nuova sezione riservata agli 'inediti'.

(*) Da www.stars.topnews.in