Papere e papaveri
di Josef K. Byte

LA SPADA

Forse oggi l'unico gesto rivoluzionario possibile non è cambiare il mondo, ma capirlo. Decifrarne i meccanismi, magari difendersene, e comunque raccontarli: messa così, che nobile mestiere sarebbe quello di giornalista. Ora, poiché stiamo per fare il nome del caporedattore vicario di Repubblica Napoli, Antonio Corbo, non vorremmo che ci
fraintedeste; attribuire tale missione a un uomo che, volente o nolente, è il vice di Luigi Vicinanza, scoraggerebbe anche il più sognatore tra noi. A volte, però, basta poco: parole chiare, precise, ferme e prive di qualsiasi retrogusto polemico. Il 17 ottobre tutti i quotidiani cittadini danno
Gianluca Abate e Dario Del Porto
spazio a una nuova puntata del caso Cordova, il capo della Procura di Napoli che il plenum del Consiglio superiore della magistratura ha, con un solo voto contrario, giudicato incompatibile col suo ruolo, e che è stato criticato in più occasioni da decine di suoi sostituti. Viene convocata una conferenza stampa per un'inchiesta su alcune estorsioni a Castellammare, che Cordova indice e presiede (forse dovremmo dire presidia) come nulla fossa accaduto; e alle domande dei giornalisti sulla sua vicenda personale risponde infastidito. Giorni prima aveva detto che la giustizia è "una spada di carta stagnola", appesantendo una precedente definizione di "spada di latta". E stavolta, al procuratore generale Vincenzo Galgano che aveva replicato "che sia d'acciaio o di carta stagnola dipende da chi la impugna", manda a dire prima che "ognuno impugna la spada che gli viene affidata", e poi che le dichiarazioni di Galgano avranno "sviluppi nelle sedi competenti". Insomma, se la giustizia è di carta stagnola, per qualcuno il dibattito su un aspetto cruciale della vita civile è di carta bollata.
Il Mattino racconta i fatti con Dario Del Porto, il Corriere del Mezzogiorno con Gianluca Abate, il Roma in forma anonima, Repubblica Napoli con Giovanni Marino: ma quest'ultimo è l'unico giornale che affianca alla cronaca un commento, firmato da Corbo. Ne riportiamo attacco e chiusa: "Dalle 12 di ieri Agostino Cordova


Giovanni Marino e Luigi Vicinanza

non è solo incompatibile con Napoli, come ha deciso il Csm. È incompatibile con il prestigio della sua carriera. È incompatibile con se stesso. Dovrebbe rispettarsi di più. Se è legittima la sua permanenza in attesa del Tar, sono inopportune e ineleganti le polemiche. (…) Qualcuno lo convinca:
meglio se attende i verdetti nella dignità del silenzio, in quella riservatezza che dev'essere lo stile di una toga". Senza illuderci, come sarebbe bello se, tra una giustizia di carta stagnola e un dibattito di carta bollata, un po' di chiarezza venisse, come in questo caso, dalla carta stampata.
 
DIBATTITI

La frase del capogruppo Ds alla Camera, Luciano Violante, è di quelle che inevitabilmente scatenano polemiche: "la mafia oggi non ha paura, non per responsabilità delle forze di polizia, ma per responsabilità del presidente del Consiglio". Si scatena il putiferio.
Silvio Berlusconi dice: "sono parole che si commentano da sole", e infatti le commenta indignato il coordinatore di Forza Italia Sandro Bondi. Per Gianfranco Fini, Violante "ha superato il limite, non si possono dire queste infamità senza prove". Dal centrosinistra, come titola il
Giulio Andreotti e Girolamo Sirchia
Corriere della Sera, "Difesa d'ufficio e critiche". La vicenda, il 15 ottobre, occupa le pagine dei principali quotidiani. Anche il Giornale di Napoli, la testata-inserto del Roma che tratta soprattutto di cronaca, quel giorno interviene nel dibattito, puntando l'attenzione su un aspetto dell'analisi della criminalità in Italia fatto da Violante. E lo fa pubblicando una lettera che, dopo aver letto l'occhiello, avevamo attribuito prima a Giulio Andreotti ("Io, vittima di un meccanismo perverso"), poi a Girolamo Sirchia ("la replica del presunto capo della Sanità").
L'accorata autodifesa, invece, è di Giuseppe Misso, che "non è mai stato condannato per associazione camorristica e che è a piede libero". Violante aveva indicato "nel clan Misso la formazione criminale più pericolosa attualmente in città". Sono frasi da incorniciare: "Dottor Violante, lei è informato male, perché a Napoli comandano sempre gli stessi sporchi camorristi… già una volta fui messo alla gogna perché accusato di strage per motivi politici. Sono stato per anni maciullato da un meccanismo perverso frutto di una


Giuseppe Misso e Luciano Violante

giustizia malata. Che facciamo, ricominciamo? Sembra che il vero problema di Napoli sia diventato io… ci si dimentica dell'incuria e dell'abbandono in cui versano le zone più malfamate della città. Ci si dimentica della miseria e del dramma sociale, della disperazione di tanti
giovani…". Tutto legittimo, ma tutto senza un commento, un'analisi, un colpetto di tosse. A conferma del fatto che, quando - come fa Violante - si offendono i galantuomini, le accuse "si commentano da sole".
 
CORRETTA

Dovete sapere che la papera, come l'intendiamo noi, è un animale giornalistico particolare: una volta nata, ha ancora un po' di tempo per fare marcia indietro, per scomparire, per non essere quasi mai esistita. Ma lasciatela zampettare troppo a lungo, e diventa, a suo modo, indistruttibile. Dopo cinque ore non l'acchiappate più. Il 14 ottobre l'Ansa Napoli mette in rete alle 13.07 un lancio siglato da Mariano Del Preite: "Aeroporti: inaugurato nuovo terminal merci a Capodichino". Settantadue righe dettagliatassime, in cui si riporta
anche la dichiarazione di "Natale Chiappetta, amministratore delegato di Gesac Handling, la società che effettua i servizi di assistenza a terra". A terra, però, c'è già finita proprio l'Ansa, perché il dirigente in questione ha un nome meno frizzante: si chiama Natale Chieppa. (Più efficace,
Natale Chieppa e Mariano Del Preite
nell'incertezza, la linea del Denaro diretto da Alfonso Ruffo, che il 16 ottobre, non sapendo se il Nobel egiziano per la letteratura si chiami Nagib Mahfuz o Naguib Mahfouz - noi preferiamo questa seconda versione - lo chiama in un modo in un titolo e nell'altro in un articolo).
La "ripetizione corretta", col nome giusto di Chieppa, arriva solo alle 18, dopo la comprensibile costernazione dell'addetto stampa della Gesac, Bianca D'Antonio: la società fa gli extra, e nell'assistenza a terra include così, suo malgrado, il risollevarne i cronisti che scivolano.
 
MUSICAL

Un altro bell'esempio di rettifica ci era arrivato dall'Ansa Napoli già il 25 settembre, quando alle 20.10 compare un lancio di Franco Tortora, una "ripetizione con titolo e testo corretti". L'argomento era


Gioacchino Lanza Tomasi e Franco Tortora

la presentazione di uno spettacolo al San Carlo, e titolo e testo corretti erano questi: "Musica: arriva a Napoli Cenerentola con abiti del Novecento - Arriva a Napoli la Cenerentola ambientata nel Novecento di Gioacchino Rossini e vista con gli occhi del regista scozzese Paul Curran". Per
il sovrintendente Gioacchino Lanza Tomasi, si legge più avanti, "questa Cenerentola ha una parvenza quasi da musical". E tanto era bastato perché nel primo lancio di Tortora, delle 18.16, il titolo annunciasse addirittura una "Cenerentola versione musical di Rossini", concetto ribadito nell'attacco: "Arriva a Napoli la Cenerentola in versione musical di Gioacchino Rossini". Capiamo la rettifica: Rossini come Gershwin è davvero un po' troppo. Ma anche nella correzione resta intatta la bizzarra disposizione delle forze in campo: "Il nuovo allestimento vede Gabriele Ferro dirigere
l'orchestra del Teatro di San Carlo, composta da un coro di 18 uomini e 10 comparse in frack". C'è una kappa di troppo nel frac, d'accordo, ma soprattutto c'è da lamentare la carenza di musicisti nell'organico del teatro, se l'orchestra è formata da coro e comparse. A meno che non si tratti
Paul Curran e Gabriele Ferro
dell'ennesima conferma che, persino per i giornalisti chiamati a occuparsene, l'unica vera Cenerentola è proprio la musica classica.
 
HUMP DAY

Un'espressione idiomatica americana definisce il mercoledì come "hump day", che potremmo prolissamente tradurre come "giorno in cui si passa il valico": quello della metà settimana, che lascia già


Salvatore Biazzo e Gianfranco Coppola

intravedere il week-end. Al Tgr Campania, guidato da Massimo Milone, l'hump day viene rigorosamente festeggiato, anche se, come il 15 ottobre, capita che quel giorno venga giocata una giornata del campionato di calcio particolamente interessante per gli appassionati: il Napoli ha
conquistato a Treviso, per 1-0, la sua prima vittoria, e all'Arechi si è disputato il derby Salernitana-Avellino, vinto per 1-0 dai granata. Certo, niente di straordinario: ma, con tre squadre tutte in serie B, questo è quello che passa il convento, sia detto senza offesa per Milone, presidente dell'Unione stampa cattolica.
Contenti i tifosi salernitani per il pezzo sul derby firmato da Gianfranco Coppola; gli aficionados azzurri che quella sera si sono sintonizzati sulla terza edizione del tg hanno assistito, invece, a un curioso spettacolo. Il servizio su Treviso-Napoli era quello della
redazione veneta: chi si aspettava che uno degli altri giornalisti che si occupano di sport (il vice caporedattore Salvatore Biazzo, l'inviato Carlo Verna, i redattori Antonello Perillo e Gianni Porcelli) aprisse la cronaca con un soddisfatto "Prima vittoria del Napoli", ha sentito invece Massimo
Antonello Perillo e Carlo Verna
Zennaro annunciare, con affranto accento del nord-est, "Seconda sconfitta consecutiva del Treviso". Tutto è relativo, sì, ma chi glielo va a dire agli ultras?