Sentenza dura
vs Caltagirone

LA SENTENZA DI primo grado merita integrale conferma”: così conclude le sue argomentazioni il presidente e relatore Paolo Cocchia della sezione lavoro della Corte d’appello di Roma (il collegio è completato dai consiglieri Giovanni Boeri e Maria Gabriella Marrocco) nel giudizio che ha visto contrapposti gli appellanti Messaggero spa e Servizi Italia 15 spa e l’appellato Lorenzo Carresi insieme al Fondo di previdenza dei poligrafici ‘Fiorenzo Casella’.
Che cosa aveva deciso in primo grado il giudice del lavoro del tribunale di Roma Ermanno Cambria? “La cessione di cui si discute non configura un trasferimento di ramo d’azienda, ma fondamentalmente una cessione di personale appartenente a vari settori senza legami

funzionali tra loro e quindi di fatto l’operazione si è concretizzata in un mero cambio di casacca”. Aveva quindi accolto il ricorso dell’archivista del Messaggero Lorenzo Carresi,

Lorenzo Carresi e Giovanni Lazzara

assistito dagli avvocati Marco Petrocelli e Fabio Pons, dichiarando nullo il trasferimento del ricorrente a Servizi Italia spa e mai validamente interrotto il rapporto con il Messaggero spa, società difese dall’avvocato Giovanni Lazzara, e quindi condannando il giornale a riammetterlo in servizio nel precedente posto di lavoro con versamento dei contributi previdenziali integrativi a favore del Fondo Casella dal momento dell’illegittima interruzione del rapporto. Aveva inoltre condannato le società di Caltagirone a pagare oltre 8mila euro di spese legali.
Nelle nove pagine della sentenza di appello, depositata il 20 luglio, le argomentazioni sono ancora più articolate con una conclusione fotocopia: la condanna per il Messaggero e per Servizi Italia a pagare 5mila euro di spese legali a Carresi e al Fondo Casella, assistito dall’avvocato Marco Annecchino.