Mattino, Matteo Renzi
'intervistato' da Majore

È UN GIOVANE ambizioso Matteo Renzi, è arrivato in alto, vuole rimanerci e come Winston Churchill pensa: “io non parlo con i direttori, io parlo con gli editori”. Al Mattino l’hanno subito accontentato.
Il 14 maggio a via Chiatamone il salone intitolato a Giancarlo Siani è affollato perché c'è il forum con il presidente del consiglio: sono presenti il direttore Alessandro Barbano, il vice Federico Monga, il redattore capo centrale

Antonello Velardi, la capo cronista Marilicia Salvia e un nugolo di redattori e di firme del giornale. E poi c’è Albino Majore, manager di punta del Gruppo Caltagirone, amministratore delegato del Messaggero e del Mattino, di cui è anche presidente, con una retribuzione annua di un milione 178mila euro lordi (dati del Sole24Ore relativi al 2009).
Tradizione vuole che in occasione di visite al giornale del presidente della Repubblica ad accoglierlo ci siano il direttore e l’editore: è accaduto il 27 marzo 2002 (ricorrevano i 110 anni dalla


Francesco Gaetano Caltagirone e Albino Majore (*)

nascita del Mattino) in occasione della visita di Carlo Azeglio Ciampi con l’accoppiata Paolo Gambescia e Francesco Gaetano Caltagirone; l'accoglienza, con il tandem Mario Orfeo e Caltagirone, c'è stata anche il 21 giugno del 2006 quando a via Chiatamone è andato Giorgio Napolitano.
Diverso invece il caso di iniziative giornalistiche come un’intervista collettiva a un esponente della politica, per quanto importante come il presidente del consiglio. La prima domanda è: chi ha invitato Majore? È un autoinvito? L’iniziativa è partita dal direttore o da un suo collaboratore?
La seconda questione è più complessa. Un forum con il presidente del consiglio è certamente avvenimento straordinario nella vita di un giornale ed è comprensibile che il Mattino abbia riservato all’incontro l’apertura della prima pagina e per intero la seconda, la terza e la quinta pagina, ma la distinzione netta di ruoli tra giornalisti ed editori è un pilastro di una informazione corretta.
Viviamo anni di confusione: tutti fanno tutto e nessuno, o quasi, risponde di niente. Ma è possibile che il direttore, i suoi ufficiali o qualcuno dei redattori non abbiano percepito l’inopportunità della presenza di Majore al forum? Una presenza invece esibita in modo straripante. Grandi foto con l’amministratore delegato vengono pubblicate in prima pagina, in seconda e in quinta.
In ogni caso toccava a Barbano stoppare questa invasione di campo perché la separazione, se non addirittura la contrapposizione, tra redattori (direttore incluso) ed editore è scritta nella ‘legge’ fondamentale della professione

27 marzo 2002. Paolo Gambescia, Francesco Gaetano Caltagirone e Carlo Azeglio Ciampi
21 giugno 2006. Mario Orfeo, Francesco Gaetano Caltagirone e Giorgio Napolitano

giornalistica, il contratto nazionale di lavoro, agli articoli 6 (che elenca i poteri del direttore) e 34 ( sulle prerogative del comitato di redazione).
Nel 1877, – ricorda Franco Abruzzo, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia dal 1989 al 2007 – quando è nata l’Aspi, l’Associazione stampa parlamentare italiana, giornalisti ed editori erano insieme. Poi è diventata sempre più evidente e necessaria la distanza che deve esserci tra l’editore e il giornalista, una consapevolezza che ha trovato puntuale formalizzazione nel 1911 quando venne  sottoscritto il primo contratto nazionale di lavoro giornalistico, che è anche il primo contratto di categoria dell’Italia unita che in quell’anno festeggiava i suoi primi cinquant’anni. E all’articolo 6 (articolo 32 del contratto in vigore) veniva introdotta la ‘clausola di coscienza’, cioè la libertà per il redattore di chiedere, in caso di mutamento della linea politica del giornale, la risoluzione del rapporto di lavoro percependo la stessa indennità che avrebbe incassato in caso di licenziamento”.


(*) Da www.dagospia.com