Certamente ricordate la suddivisione dell’umanità in categorie che Leonardo Sciascia enunciò nel romanzo Il giorno della civetta (uomini, mezz’uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà), e che trascriviamo integralmente grazie agli sdoganamenti offerti dalla vicenda Brenda, da Gianfranco Fini che ha chiamato stronzi quelli che non vogliono gli extracomunitari e dal meraviglioso titolo sulla vicenda del trans che ha fatto quel mattacchione di Maurizio Belpietro su Libero.
Resi insonni da una peperonata notturna ci siamo chiesti come Sciascia avrebbe classificato la (fortunatamente esigua) componente borderline presente nell’effervescente mondo giornalistico. Pensiamo a scriba (quello che esegue pedissequamente il proprio compitino), scribacchini (di cui noi ci onoriamo di essere i più significativi rappresentanti) e scribani, tendenti talvolta a ragionare con la propria testa e quindi destinati all’emarginazione prima e poi all’ostracismo. Ci pensavamo, tra un Alka seltzer e l’altro, mentre sfogliavamo i giornali del 21 novembre, che riportavano tutti l’arresto di Costanzo Apice detto babà, protagonista del video Ammazzare tra la gente indifferente, girato nel rione Sanità. Tutti i cronisti a cercare tracce di Apice negli archivi (ma quando è nato, a chi è figlio?), a ricostruirne i significativi momenti di crescita professionale (ma quanti ne ha uccisi?).
Anche Il Mattino, un tempo covo di irrecuperabili
scribani, ci ha provato con le truppe cammellate della cronaca nera ma, leggendo, Apice ci sembrava un’anguilla che non riuscivamo a mettere a fuoco. Ci ha provato anche Il Fatto quotidiano, il giornale nato due mesi fa e diretto da Antonio Padellaro. Saranno certamente stati i peperoni, ma leggendolo abbiamo capito bene il personaggio Apice. La corrispondenza da Napoli era firmata da Elio Scribani
(58 anni), ex testa calda del Chiatamone lato mare, tragicamente inghiottito a settembre dal gorgo dei prepensionamenti nonostante i disperati tentativi di trattenerlo. |