DOPO DECINE DI pensionamenti, prepensionati e uscite volontarie l’organico del Mattino cresce finalmente di una unità. Il merito è della sezione lavoro della Corte di appello di Napoli (presidente Giovanna Guarino, consiglieri Antonietta Savino e il relatore Gabriella Gentile) che ha reintegrato, con sentenza del maggio 2019, il giornalista Massimo Siviero nel rapporto di lavoro di redattore con l’editore del Mattino.
“Si può definire una sentenza epica, - dichiara Siviero - arrivata a distanza di ventidue anni dal licenziamento motivato dall’azienda con un preteso stato di crisi dal gennaio 1995 al 27 gennaio 1997. Come |
professionista, collaboratore del Mattino dal ’62 e dal ’66 redattore per sentenza, ha elementi kafkiani, con una durata record, ventidue anni, durante i quali hanno ‘regnato’ tre papi e sei direttori del Mattino. I gradi di giudizio sono stati otto: un ricorso in Pretura e due appelli a Napoli rigettati, un appello accolto a Campobasso, tre ricorsi vincenti in Cassazione, di cui due principali e uno incidentale e, dopo il terzo rinvio dalla Suprema Corte, l’ultimo appello a Napoli accolto su tutti i fronti: reintegrativo, retributivo, contributivo.
La Corte d’appello infatti, respingendo le tesi degli avvocati del Mattino, Marcello e Raffaele De Luca Tamajo, “dichiara l’illegittimità del licenziamento irrogato a Siviero Massimo dal 27 gennaio 1997 e per l’effetto ordina al Mattino spa la reintegra di Siviero Massimo nel posto di lavoro precedentemente occupato e condanna la società al risarcimento del danno commisurato alla retribuzione globale di fatto percepita all’epoca del licenziamento, calcolata dal giorno del licenziamento alla reintegra, oltre interessi sulla somma rivalutata dalla data di maturazione fino al soddisfo, nonché al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per lo stesso periodo; compensa le spese per tutti i gradi di giudizio, ivi inclusi quelli di legittimità”. |