Uno i parenti se li ritrova già confezionati. Come i luoghi comuni. Gli amici, invece, se li sceglie. E noi, di amici, ne abbiamo uno che fin da ragazzino ha dato preoccupazioni perché è da sempre, come dire, un po’ troppo esuberante. Poca scuola e molte cattive compagnie. E ogni tanto si mette in qualche guaio. Ultimamente è andato spesso al nord a cercare lavoro, a Milano (la capitale morale, e voi che vivete di luoghi comuni pensate subito a Roberto Formigoni, al bunga bunga di Lele Mora e Emilio Fede, a Nicole Minetti).
Il 10 settembre a Milano vengono uccisi Massimiliano Spelta e la giovanissima moglie dominicana Carolina Ortiz. I killer erano in sella ad una motocicletta, hanno sparato tra la gente, avevano i caschi. Una storia di cocaina forse presa e non pagata, forse la velleità di voler mettersi a spacciare in proprio. Uno sgarro. E Il Mattino del 13 ha un titolo in prima pagina: Milano, doppio omicidio/ Spunta la cocaina/ C’è la pista napoletana; e un servizio a pagina 13 firmato da Claudia Guasco: Milano, pista di camorra per il duplice omicidio.
Dunque gli inquirenti hanno già individuato lo scenario e la matrice camorristica del duplice omicidio, confermata dai titoli inequivocabili del principale quotidiano della Campania. E noi ripensiamo ai viaggi al nord del nostro amico. Il pezzo di Guasco parla di sgarro maturato nel mondo dei corrieri della cocaina e un po’ preoccupati chiediamo alla madre dell’amico se il figlio non fosse stato coinvolto. Traffico? Ma quando mai, ci dice, quello non tiene nemmeno la patente. Andiamo a rileggere il servizio: non viene mai nominata la parola camorra, né quella ufficiale, né quella scissionista, né quella dei girati. Non c’è traccia di camorra, mentre c’è un’ipotesi che conduce alla repubblica dominicana, terra d’origine di Carolina Ortiz. E Il Mattino che scrive di pista camorra è proprio quello di Napoli, mica quello di Padova, dove sono convinti che tutto sia camorra. Così come ne saranno convinti anche il direttore Virman Cusenza, esperto di mafia e cronaca giudiziaria, nato a Palermo, provincia confinante con quella di Pordenone, e il suo vice, il torinese Federico Monga. Intanto l’amico nostro cerca ancora un lavoro ma non sa dove andare. Ha già scartato Barcellona perché sennò lo prendono per scissionista, Praga che è diventata una dependance di Scampia, la Germania perché subito lo etichettano come casalese, il Brasile dove uno va solo se è latitante. Gli resta Bologna, città grassa, godereccia e tollerante. Male che vada lo prendono per emigrante. |