Ricordare l’uso della ‘d’ eufonica

Gentile direttore,
vorrei segnalarti il titolo apparso il 7 dicembre sul Corriere del Mezzogiorno: “Spesa super per ossigeno e eparina”. I medici di base nel mirino delle Asl. Vorrei suggerire al giornalista che ha curato la titolazione (ma anche a chi controlla le pagine, dal direttore Enzo d’Errico al numero due Paolo Grassi, al vicario Vincenzo Esposito) l'uso della "d eufonica", un procedimento volto ad agevolare la pronuncia di parole conseguenziali (a proposito di "e eparina" del titolo) che, in assenza di questa, risulterebbero difficili da leggere o, in molti casi, cacofoniche. L'accorgimento consiste nell'aggiungere a preposizioni come “a, e, o” una d finale quando a seguirle sono parole che iniziano per vocale: “ad aspettare”, “ad annuire”, “ed entrare”, “ed enunciare”. Secondo l'Accademia della Crusca, l'uso della “d” eufonica dovrebbe essere limitato ai casi di incontro della stessa vocale, quindi nei casi in cui la congiunzione e la preposizione a precedano parole inizianti rispettivamente per e per a. Comunemente quindi, oggi si scrive “ad andare” o “ed emettere” (la forma “od” è ormai rarissima, anche davanti alla “o”), mentre sono da evitare usi come “ed anche” o “ad ogni”. Sono consentite invece in formule fisse, come “ad esempio”. In conclusione, il mancato corretto utilizzo della "d" eufonica è un chiaro segnale di scarsa conoscenza della lingua italiana, che certo non è un bel biglietto da visita per chi fa il giornalista.

Sergio Formale

 
Enzo d’Errico
Paolo Grassi
Vincenzo Esposito