Per i trent’anni di Repubblica Napoli forse i vertici della redazione volevano organizzare una festa, il Coronavirus li ha spinti a realizzare un volume di 360 pagine con settantasette interventi. Grande successo editoriale con il libro esaurito in molte edicole, anche se, va detto, a Napoli la parola ‘gratis’ è una calamita irresistibile.
Piccole notazioni. A una lettura veloce appare largamente incompleto il racconto dei primi anni, dal battesimo in pompa magna a Castel Sant’Elmo fino agli anni di Bassolino sindaco, quando il giornale si presentò come una novità forte, vera e profonda.
Ma forse la scarsa memoria degli esordi si spiega anche con il fatto che il tandem vesuviano (il capo Ottavio Ragone di Castellammare e la sua pupilla Conchita Sannino di Ercolano), da alcuni anni al governo del giornale, nell’aprile del ’90 non faceva parte della squadra schierata dal primo timoniere Franco Recanatesi e dal suo vice Antonio Corbo.
Seconda notazione. Da una prima occhiata nelle 360 pagine emergono assenze gravi. Un nome per tutti: Ottavio Lucarelli, cronista politico dalla fondazione. Resta da capire se il tandem l’ha escluso per una vendetta, e non puoi farlo se stai preparando un volume per la ‘storia’ del giornale, o perché è andato via nel marzo del 2019 e quindi a Repubblica Napoli ha lavorato soltanto ventinove anni e non trenta.
L’ultima osservazione riguarda Eugenio Scalfari, novantasei anni compiuti il 6 aprile, il monumento del giornalismo italiano che ha fondato il giornale e ha voluto e inaugurato Napoli. Qualcuno, probabilmente Ragone, prepara le sette righe a firma Scalfari della quarta di copertina e le prepara in maniera sciatta. Nella presentazione del volume il direttore scrive “poco dopo la nascita di Repubblica nacque la nostra sede partenopea”. Il curatore del volume aggiunge la data d’esordio dell’edizione di Napoli, “il 18 aprile del 1990”, rendendo così evidente che il “poco dopo” è una inesattezza perché erano trascorsi più di quattordici anni. E conclude le sette righe: “tra i tanti che sono poi venuti ad arricchire Repubblica a Roma desidero citare il carissimo Giuseppe D’Avanzo. Proprio per ricordare questo nome rendo omaggio al vostro lavoro e alla sua importanza”.
D’Avanzo non ha mai lavorato a Repubblica Napoli. Dopo un paio di anni da corrispondente da Napoli nel 1987 viene assunto alla redazione centrale a Roma. Scalfari può non ricordarlo ma chi ha scritto le sette righe della controcopertina deve saperlo e soprattutto deve evitare una brutta figura al direttore. |