"Riscuotere le marchette"

Ma ne vogliamo parlare? Durante il Ventennio, quando c’era lui, una doppietta nella Casa della Sora Gemma costava lire 2, acqua di colonia e saponetta compresa e nei saloni impregnati delle fragranze di Tormento d’oriente o di Delirio notturno la maitresse incitava i giovani a non fare tappezzeria. E poi, dopo aver officiato, le improbabili Veronique originarie di Campobasso o di Casal Pusterlengo passavano alla cassa e intascavano la marchetta che a quei tempi aveva una propria dignità perché corrispettivo di un lavoro svolto.
È stato con gli anni, dopo la legge della senatrice Lina Merlin, che ha perso il suo fascino che forse odorava di Lavanda Cannavale dozzinale ma era tanto più innocua delle marchette di oggi. Sono passati 56 anni, e proprio a febbraio si festeggia la chiusura delle case di tolleranza.
Eravamo giovanotti di primo pelo quando quel 20 febbraio 1958, forse c’era il sole o forse piovigginava, in tutta Italia si riaprirono le imposte di molte abitazioni rimaste fino ad allora invisibili, i tappeti rosa e bordeaux ripresero aria e luce, sora Gemma sospirò e forse pianse, Veronique  riempì la valigia e tornò a Campobasso per sposare un bravo giovane e fare la casalinga.
Ma la nostra nostalgia ha avuto un sobbalzo di commozione leggendo il Mattino del 19 gennaio, che nelle pagine della provincia ha una corrispondenza da Poggiomarino di Francesco Gravetti: Giro di prostituzione di donne dell’Est, un arresto. Gravetti ci illustra i meccanismi del losco traffico e ci spiega che una donna romena arrestata, Irina C., “aveva il compito specifico di riscuotere le marchette dalle donne”.  Bravo Francesco, chiamiamo le cose con il loro nome, e bravo il direttore Alessandro Barbano che sdogana un altro tabù. Aridatece er Puzzone, eventualmente comprensivo di tempeste ormonali dei nostri venti anni.

Puccio Gamma

(*) Da www.corriere.it
 
Lina Merlin (*)