La Gazzetta di Caserta
da Pasquale a Beniamino

SETTANTADUE ANNI, AVVOCATO, una vita spesa in giro per l’Italia del Sud (Roma, Bari, Campobasso, Napoli) come dirigente del ministero dei Lavori pubblici, Beniamino Clemente dal primo marzo firma la Gazzetta di Caserta come direttore responsabile; subentra al figlio Pasquale che mantiene la direzione del quotidiano, ma scompare persino dalla gerenza. Il neo

responsabile è diventato giornalista pubblicista tre mesi fa con articoli pubblicati proprio sulla Gazzetta, il giornale riportato in edicola nell’ottobre del 2002 da Gaetano Peluso, imprenditore attivo nel settore delle costruzioni stradali. Attraverso la Gazzetta Editore srl, Peluso, è il titolare della testata, mentre la fattura del giornale è affidata alla cooperativa Egq,


Pasquale Clemente e Gaetano Peluso

Edizioni giornali quotidiani; dell’organico redazionale fanno parte, con il direttore Pasquale Clemente, i professionisti Giovanni Mascia e Maria Giovanna Pellegrino, i praticanti Emanuela Iorio e Giuseppe Perrotta, i collaboratori con articolo 2 Alessandro Ceci, Luigi Criscuolo e Gabriella Cuoco; in due tempi, nel 2005, si sono invece dimesse le sorelle Gabriella e Sonia Gatto, che rimangono socie della cooperativa. Secondo le dichiarazioni del direttore, nel mercato di Terra di lavoro la Gazzetta, dall'aprile 2005 in tandem con il Tempo, si colloca alle spalle del Mattino, che mantiene la leadership grazie soprattutto al prezzo in edicola di 50 centesimi, e del Corriere di Caserta ed è davanti al Giornale e al Quotidiano.
Veniamo ora al cambio di direzione. Perché la staffetta anomala da figlio a padre? “Perché mi sono rotto le scatole – scandisce Pasquale Clemente – di andare dietro ai pm della Campania che, salvo lodevoli eccezioni, non hanno altro da fare che chiedere il rinvio a giudizio di giornalisti presunti colpevoli di diffamazione. Nell’ultimo biennio ho accumulato una trentina di provvedimenti


Gabriella Gatto, Emanuela Iorio e Giovanni Mascia

di non luogo a procedere, archiviazioni e assoluzioni nella veste di direttore responsabile accusato di omesso controllo. Un reato previsto dalla legge sulla stampa del 1948 che contempla l’unica fattispecie penale di responsabilità oggettiva anche in assenza di dolo”.

L’ex responsabile della Gazzetta insiste soprattutto sull’impossibilità per il direttore di un quotidiano, piccolo o grande che sia, di controllare veramente ogni giorno centinaia tra inchieste, articoli, notizie. Nel grande giornale però delle rogne giudiziarie si occupa uno staff agguerrito di legali, mentre nel piccolo c’è il rischio della paralisi, tra spese da sostenere e tempo da dedicare a avvocati, memorie, udienze. Il direttore della Gazzetta cita la condanna subita per un articolo dedicato tre anni fa alla Cementir, una della società della galassia controllata dall’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone. Il quotidiano casertano denunciava l’inquinamento ambientale prodotto dalla Cementir, con gravi riflessi sulla salute dei cittadini che abitano vicino alle cave di Maddaloni, e le Cementerie del Tirreno spa, con il suo rappresentante legale, Francesco Caltagirone, figlio dell’editore del Mattino e del Messaggero, replicarono con una querela. “La procura di Santa Maria Capua Vetere, – ricorda Clemente – con l’aggiunto Paolo Albano e il sostituto Donato Ceglie, ha aperto un’indagine sulle cave e operato vari sequestri a

conferma che la denuncia della Gazzetta era fondata. Eppure sono stato condannato in primo grado dal tribunale di Benevento, sentenza confermata dalla corte d’appello di Napoli, con il sigillo definitivo della Cassazione. Tra una provvisionale da cinquemila euro e spese legali mi hanno inflitto una condanna da settemila euro”.
Come si evita il rischio del


Paolo Albano e Francesco Caltagirone

fallimento, dell’autocensura o, addirittura, del silenzio? “La soluzione – risponde Pasquale Clemente – è in due mosse: cancellare subito la responsabilità del direttore responsabile per omesso controllo; condannare chi sporge denuncia senza fondato motivo a pagare le spese legali (i giudici spesso optano per un’inspiegabile compensazione tra le parti) e a risarcire in maniera adeguata il giornalista accusato ingiustamente di diffamazione”.