La procura indaga
su Crescenzio Sepe

È IL SOSTITUTO della procura di Napoli Emilia Sorrentino Galante che si occupa della querela presentata il 9 marzo contro la curia partenopea, guidata dal cardinale Crescenzio Sepe, e contro il cancelliere arcivescovile padre Luigi Ortaglio. Le cinque pagine della denuncia sono firmate, con l'assistenza del penalista Gianfranco Iannone, da Diego Esposito (nome di fantasia), all’età di tredici anni presunta vittima di un prete pedofilo.
La vicenda è nota. Esposito, che per quattro anni sarebbe stato oggetto di abusi da parte del suo insegnante di religione, Silverio Mura, nel 2011 chiede un incontro a Sepe che lo smista sul vescovo ausiliare Lucio Lemmo e la richiesta si chiude con un nulla di fatto.
Quando nell’autunno scorso Esposito torna alla carica con una lettera a papa Francesco i giornali si occupano di nuovo della vicenda e il 6 febbraio Repubblica dedica una intera pagina alle sofferenze di Esposito e alle ‘disattenzioni’ della curia partenopea. La replica da largo Donnaregina arriva

subito con un comunicato sorprendente di padre Luigi Ortaglio. La sostanza della nota è “il caso è chiuso”, ma va sottolineato che nelle trentatré righe del testo viene ripetuto per otto volte il vero

Gianfranco Iannone e Lucio Lemmo

nome di Esposito. “Eppure - osserva l’avvocato Iannone interpellato da Iustitiaper le norme sulla privacy costituisce reato la pubblicazione del nome delle vittime di abusi sessuali”.
Intanto sulla querela la procura si sta muovendo con celerità. La conferma arriva da Francesco Zanardi, presidente della Rete L’Abuso, l’associazione costituita nel 2009 dalle vittime dei preti pedofili. “Il 22 marzo – fa sapere Zanardi -  agenti della polizia postale di Napoli hanno convocato e ascoltato Diego Esposito e hanno, tra l’altro, tristemente verificato che a un mese e mezzo dalla pubblicazione il comunicato con il nome della vittima degli abusi non è stato ancora rimosso dalla rete”.
Una scelta incomprensibile e autolesionistica, anche perché la pubblicazione del nome vero ha avuto effetti terribili su Esposito. “In poche ore – denuncia Zanardi – parenti, conoscenti, amici e ex colleghi di lavoro, ai quali Diego Esposito non aveva mai voluto raccontare l’orrore che aveva subito da piccolo e che più volte sotto anonimato aveva raccontato alla stampa e alla tv, lo hanno immediatamente riconosciuto. Subito dopo Diego è stato letteralmente preso d’assedio dai giornalisti ma anche da estranei e curiosi. E lui stesso scrive nella querela che ‘il dolore è stato incontenibile quando ho dovuto affrontare anche la curiosità e le domande dei miei figli che, a loro volta, avevano dovuto affrontare quelle dei loro compagni di scuola’.”