Querele temerarie,
ci pensano i giudici

FINALMENTE BUONE notizie dal fronte della diffamazione e delle querele temerarie. Il merito però non è delle forze politiche ma dei giudici, in particolare di Spoleto e di Isernia.
Da anni il parlamento deve affrontare la questione e oggi sono cinque i disegni di legge presentati: quattro al Senato e uno alla Camera. Difficile prevedere i tempi di discussione e approvazione. Senza contare che alcuni passaggi sono davvero preoccupanti e andrebbero modificati.

Basti citarne soltanto due: per i risarcimenti viene prevista la cifra altissima di 50mila euro; in caso di controversia giudiziaria è competente il tribunale dove vive il querelante quindi se un cittadino di Varese si ritiene diffamato da un articolo pubblicato da un cronista di Caltanissetta su un giornale di Caltanissetta radica a Varese l’eventuale giudizio.    
Per fortuna segnali importanti arrivano

Elisabetta Massini

dalla magistratura. Nel 2017 Carlo Ceraso, cronista del quotidiano spoletino on line Tuttoggi, pubblica una inchiesta nella quale cita Leodino Galli, ex consigliere della Banca popolare di Spoleto (in quota minoranza), che non gradisce e querela. La procura di Spoleto però ritiene che nell’articolo non vi siano gli estremi per la diffamazione e chiede il proscioglimento di Ceraso, richiesta accolta dal giudice.
A questo punto scatta il colpo di scena. Il pubblico ministero Gennaro Iannarone rileva che nella querela firmata da Galli ci sono gli estremi per la calunnia e d’ufficio procede contro l’ex consigliere della Banca popolare di Spoleto. Vengono ascoltati una decina di testi che confermano la ricostruzione fornita da Tuttoggi e all’udienza del 24 febbraio scorso il giudice del tribunale di Spoleto Elisabetta Massini pubblica il dispositivo con il quale condanna Leondino Galli a un anno

Massimo Alberizzi

e quattro mesi di reclusione, con pena sospesa, e al pagamento delle spese processuali quantificate in 12mila euro.
Rinvia inoltre la quantificazione del risarcimento dei danni in favore del giornalista a un giudizio da promuovere in sede civile e condanna Galli a versare una provvisionale alle parti civili: Ceraso, difeso dall’avvocata Iolanda Caponecchi, 10mila euro; Ordine dei giornalisti umbri, con il professore

Simone Budelli, 5mila euro; uguale cifra riconosce sia alla Fnsi che all’Assostampa umbra, entrambe difese dall’avvocata Rita Urbani.
La decisione del giudice Massini è stata immediatamente lanciata da Tuttoggi e diffusa dal tg Rai dell’Umbria. Subito dopo è stata ripresa da siti specializzati e tra questi Senza Bavaglio.info, la voce del movimento fondato dall’ex inviato del Corriere della Sera Massimo Alberizzi.
E l’8 marzo Senza Bavaglio racconta la storia che va avanti da oltre dieci anni di un’altra querela davvero temeraria. Protagonista, suo malgrado, il pubblicista Marco Marsili, nel 2010 direttore del giornale on line ‘voce d’italia.it’, che in un articolo scrive di una donna, Mariella Stanziano, vittima, secondo il pm, della “morbosa gelosia e del carattere violento del suo ex compagno” che poi verrà arrestato.
Una pubblicista casertana, Maria Spaziano, legge il servizio, si ritiene

diffamata perché dice di essere conosciuta come Mariella e querela Marsili. Ma nel dicembre 2014 il gip di Monza dichiara di “il non luogo a procedere nei confronti di Marco Marsili perché il fatto non sussiste”.
La pubblicista non demorde e avvia un’azione civile per ottenere un risarcimento danni. Il tribunale di Isernia però rigetta la richiesta. La giornalista ha agito in giudizio, scrive il

Simone Budelli
giudice, “senza avere fornito adeguato supporto probatorio alle proprie domande” e la condanna a pagare i danni a Marco Marsili, risarcimento per ora sospeso perché Maria Stanziano ha presentato appello.