Il guaire straziante dei 'precari storici'

Iustitia cara,
premettendo che anche io, lavorando in uno dei tre maggiori quotidiani campani, non sono assunto. Premettendo che anche io, come tutti, vedo la ben nota pletora di stagisti e nipotini impadronirsi di un desk (sottraendolo spesso, tra le altre cose, a chi ne avrebbe bisogno per "produrre") a scapito di chi lavora e si fa un sedere così per un co.co.co che mai arriva. Premettendo, dunque, che anche io mi trovo in  una situazione non certo invidiabile, non posso fare a meno di spezzare una lancia a favore dei giovani neoassunti, e di scagliarne una contro i veterani a spasso per la città.
Ho visto giovani giornalisti ottenere co.co.co in redazioni importanti, dopo neanche un anno di collaborazione assidua, senza alcuna raccomandazione. Senza Suor Orsola né niente. Dall'altra parte, c'è gente che lavora in condizioni di precariato da vent'anni - sì, vent'anni -, senza che cambi una virgola. Ora, considerato che restare precario per vent'anni può voler dire non solo che il sistema delle assunzioni è malato, ma anche che tu non vali un fico secco (e la gente che si passa una mano sulla coscienza, in questo senso, è veramente pochissima). Considerato anche che, a differenza di altri mestieri, nel giornalismo non si può star lì ad aspettare di essere assunti solo per "anzianità", ma che bisogna valere qualcosa, qualcosa che spinga il tuo direttore a preferirti agli altri. Considerato, infine, che certe tv private sforna-professionisti non si può dire, in realtà, se valgano di più o di meno del Suor Orsola in quanto a formazione professionale, c'è da porsi una domanda: ma dopo vent'anni di precariato, non basta entrare in una stanza e battere un pugno su una scrivania, per essere assunti? Ma non è che stiamo assistendo al guaire straziante di uno stuolo d'anime in pena che dopo tanti anni, troppi anni, non hanno ancora capito che sarebbe il caso di cambiar lavoro? A me, quando sento queste storie (e soprattutto quando le sento tutti i dannati giorni) viene proprio da dire: che palle! Cordiali saluti,

Jazzolo