"Confessa ed è assolto"

Pertanto questo tribunale, visto l’articolo 624, dichiara l’imputato, peraltro reo confesso, colpevole di furto. E lo assolve. Ma, che sia ben chiaro, caffè per tutti e la mazzetta al cancelliere”.
Più o meno deve essere andata così in un’aula del tribunale di Napoli, a dar credito a quello che scrive Il Mattino del giorno 18 aprile. A pagina 50, tra il resoconto di un omicidio firmato da Giuseppe Crimaldi e una condanna per stalking nel quartiere Arenaccia di cui riferisce Tullio De Simone, un colonnino in neretto ci informa di un ladro addormentatosi nell’auto che aveva rubato a Saltara nel Pesarese, e poi arrestato dai poliziotti che erano accorsi in via delle Repubbliche Marinare convinti di trovarsi in presenza di un morto ammazzato (Addormentato / nell’auto rubata/creduto morto).
Invece Umberto D. (il Mattino mette anche il cognome completo) stava giustamente riposando dopo aver sottratto l’auto. Processato per direttissima, ha ammesso il furto, anche perché non sarebbe stato credibile se avesse detto di aver scambiato la vettura per una panchina. E quindi il cronista tira le conclusioni: “l’uomo ha confessato il furto ma è stato assolto”.
Allora, ha ragione o non ha ragione il ministro Angelino Alfano quando invoca rigore e certezza della pena? Ma prima di mandare gli ispettori da via Arenula a mozzare teste gli suggeriamo di leggere la sentenza: non è escluso che Umberto D. (un destino neorealistico, perché la sua storia fa davvero pensare ai ladri disperati di Vittorio De Sica) sia stato condannato con la condizionale e scarcerato. E che al Mattino abbiano ritenuto irrilevante il dettaglio. Condannato, assolto, prescritto, detenuto: è solo un inutile distinguo, fissazione di chi è abituato a volare basso e a spaccare il capello in quattro. La solita Ossessione (1943, Luchino Visconti).

Hans Schnier

(*) Da img.photobucket.com
 

Giuseppe Crimaldi

Tullio De Simone
Angelino Alfano
Luchino Visconti (*)