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"La velina
di regime"
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“IL DIAVOLO fa le pentole ma non i coperchi". È facile combinare pasticci ma è più difficile evitarne le conseguenze. Giusto per spiegare come con il cosiddetto governo dei migliori è stato asfaltato il diritto di cronaca nel nostro Paese, meglio di quanto avrebbe potuto fare Putin per incarcerare i giornalisti scoperti a parlare dell'invasione in Ucraina.
L’affaire sembra riguardi solo quei cronisti cattivoni che mettono alla berlina dei poveri presunti colpevoli, ma il giornalista in re ipsa non esiste, è solo un tramite tra un fatto e la sua conoscenza da parte dell’opinione pubblica, quindi il danno lo si è fatto ai cittadini che sono meno informati, non ai giornalisti.
Piccolo passo indietro: l’Europa ci chiede di rimarcare nella nostra legislazione la sacrosanta presunzione di innocenza che tutela ogni |
indagato o processato fino a sentenza definitiva. Inoppugnabile. Cosa questo c’entri con la limitazione della libertà di stampa costituzionalmente garantita e col diritto di cronaca è |
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Raffaele Cantone e Stefano Rodotà |
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un effetto incomprensibile da parte del legislatore italiano. Raffaele Cantone, magistrato esperto, lo paragona a un’eterogenesi dei fini, cioè norme così rigorose potranno limitare il diritto dei giornalisti a ottenere notizie. Nessuno finora aveva mai disciplinato l’informazione giudiziaria come fosse “una velina di regime”, parole come pietre pronunciate da un altro magistrato, non certo il sub-comandante Marcos. Nessuno si era spinto a tanto da quando l’Italia è una democrazia, se si eccettua il ministro della Cultura popolare durante il fascismo, tal Gaetano Polverelli, che in un’epica circolare: "Rinnovare il tipo del giornale", ordinò di ridurre drasticamente lo spazio riservato alla cronaca nera; meno i cittadini sapevano per non disturbare il regime e meglio si viveva nella visione della vita di quei ragazzotti di destra inclini alla censura.
Arriviamo a oggi: la ministra della Giustizia Marta Cartabia fa approvare una legge, appunto la riforma Cartabia, che oltre a ribadire cose scontate, si è innocenti fino a sentenza definitiva, monopolizza nelle mani dei procuratori della Repubblica, i rappresentanti dell’accusa nel codice penale Pisapia (peraltro molto equilibrato nella diffusione di notizie che riguardano inchieste) il potere di divulgare le informazioni. Sempre e solo il procuratore può convocare una conferenza stampa, ma solo quando giudichi la notizia di “pubblico interesse”. Alle forze dell’ordine è vietato dare notizie ai giornalisti, se non per delega del procuratore, mentre già da diversi anni ai pubblici ministeri era vietato parlare con i giornalisti. Il rubinetto di ogni informazione giudiziaria, non certo quelle riservate che sono sempre state inibite alla pubblicazione, è nelle mani di una sola persona, cioè una delle parti del procedimento penale. Questo potere si sostituisce alla prerogativa più propria e garantista dell’operatore dell’informazione, cioè quella di valutare secondo scienza e conoscenza, deontologia e professionalità, che cosa è di interesse pubblico e ciò che non lo è.
Non un pericoloso dissidente, ma uno dei giuristi candidati alla presidenza della Repubblica, Stefano Rodotà, da garante della Privacy fece scrivere all’Authority qualche anno fa: “Il giornalista valuta quando
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Sergio Mattarella e Giandomenico Pisapia |
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una notizia riveste un rilevante interesse pubblico e quali particolari relativi a tale notizia sia essenziale diffondere al fine di svolgere la funzione informativa sua propria”. |
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Principi scolpiti in ogni norma sulla stampa e sentenza di Cassazione per oltre 70 anni, fino alla riforma Cartabia e alla valutazione discrezionale dell’interesse pubblico alla diffusione di una notizia da parte di un procuratore giudiziario. Lo stesso giorno, in teoria, ai cittadini potrebbe essere tenuto nascosto l’arresto del proprio sindaco, mentre potrebbero ottenere profluvi di minute informazioni su una pericolosa banda di scippatori. A deciderlo la solitudine e la scelta di un procuratore.
Tranne qualche flebile voce, anche dei giornalisti, ci si è limitati a una tiepida balbuzie. “La restrizione in capo a pochi soggetti di cosa sia possibile raccontare determina una selezione a monte delle notizie, cioè che vengano fatte filtrare solo quelle favorevoli o di interesse degli organi inquirenti, producendo una distorsione della narrazione della cronaca nel Paese”, denuncia l’Associazione cronisti lombardi.
Per paradosso la critica più onesta e preoccupata la fa durante una giornata di studi meneghina, organizzata dal sindacato giornalisti Rai (Usigrai), il procuratore facente funzione della
Repubblica, Riccardo Targetti, cioè uno dei titolari del potere unico dell’informazione giudiziaria: “Mi sono chiesto nel momento in cui ho redatto la circolare applicativa se non stavo addossando al procuratore della Repubblica, in questo caso a me stesso e a chi mi succederà, un grande potere, molto maggiore di prima, e se questo potere non è concentrato nelle mani di uno solo in maniera eccessiva per uno stato democratico. Come magistrato la giudico una legge difficile da applicare. Come cittadino non mi è piaciuta per niente. Mi sembra che introduca il concetto della velina di regime”.
Parole affilate come coltelli cui sarebbero dovuti seguire: dibattiti, appelli, iniziative, manifestazioni e sit-in per difendere il diritto di cronaca, cioè il diritto dei cittadini a essere informati. E invece la morta gora del silenzio assenso anestetizza tutti. Anzi, secondo alcuni la legge |
è molto buona in ottica garantista.
Al “Foglio” di Giuliano Ferrara il Procuratore della Repubblica di Napoli, Giovanni Melillo, spiega: "È un passaggio di grande valore culturale ed etico, |
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Giuliano Ferrara e il sub comandante Marcos |
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che tutti dovrebbero accompagnare nella sua pratica realizzazione con consapevolezza e ancor più grande responsabilità". E infatti nel distretto giudiziario napoletano la riforma Cartabia trova compiuta applicazione. Gli unici a contestare le veline, l’omissione di nomi, luoghi di nascita, informazioni sui precedenti penali e altri dati di grande rilievo per chi fa cronaca, è uno sparuto gruppo di cronisti napoletani, come se la limitazione di una delle più delicate libertà, come la Russia putiniana ci insegna, quella di stampa, di espressione e di cronaca, fossero solo affari loro. Chissà il capo dello Stato Sergio Mattarella quando ha firmato questa legge a che cosa stava pensando. |
Citizen Kane |
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