La Cassazione su Maradona

Da vivo, Diego Armando Maradona incantò il mondo coi suoi funambolismi. Una volta deceduto, ci pensa il suo avvocato, Angelo Pisani, che imperversa su giornali e tv spacciando condoni fiscali e sentenze interlocutorie per schiaccianti vittorie contro il fisco e – quel che è peggio – facendosi beffe dei giornalisti che non si preoccupano di verificare le notizie sparate dall’avvocato Pisani con tanta disinvoltura alla conferenza stampa al Gran Caffè Gambrinus dello scorso 9 gennaio.
Eloquente la foto ripresa da quotidiani cartacei e web: l’avvocato Pisani in conferenza stampa che sbandiera la prima pagina di una sentenza della Corte di Cassazione. Alla sua sinistra, un elegante e occhialuto avvocato, Alfredo Varone, tempo fa accusato di essersi appropriato di una maglia del pibe di proprietà di un collezionista che poi l’ha recuperata grazie al video di una telecamera.
Nessuno si è preso la briga di controllarlo, quel provvedimento. Se lo avesse fatto, avrebbe scoperto innanzitutto che non è una sentenza ma un’ordinanza, quella emessa il 3 gennaio 2024 dalla quinta sezione della Corte di cassazione, che si occupa dei ricorsi tributari. Dalla lettura si evince che il pibe aveva subito un accertamento per gli anni d’imposta dal 1985 al 1990, quasi tutti quelli passati con la maglia azzurra (dal 1984 al marzo del 1991, quando tornò in fretta e furia in Argentina dopo che al termine di Napoli-Bari fu “pizzicato” al controllo antidoping).
Ma la notizia sorprendente è che, nonostante il campione non intendesse pagare una lira al fisco italiano, il Napoli ci mise una pezza, aderendo al condono fiscale del 2002 e pagando al posto suo, come “sostituto d’imposta”. Difatti, come datore di lavoro, la società avrebbe dovuto trattenere le tasse dovute dai compensi per poi versarli allo Stato ed era colpevole, per il fisco, quanto il calciatore.
Maradona ha sostenuto nei primi due gradi di giudizio (Commissione tributaria provinciale di Napoli e Commissione tributaria Regionale della Campania) di non dovere più nulla e la Corte di cassazione si è limitata ad accogliere dei motivi procedurali ma nella sostanza, udite udite, non ha dato ragione a Maradona. Anzi, ha espressamente detto: “Va quindi accolto, nei termini appena esposti, il primo motivo di ricorso, con conseguente rinvio al giudice a quo per determinare, in punto di fatto, la residua somma dovuta dal ricorrente, secondo i predetti principi “.
In soldoni, è vero che Maradona non deve più tutti i soldi dell’accertamento poiché il Napoli ha pagato al posto suo. Ciò non vuol dire che Maradona (e quindi i suoi eredi) non devono nulla, anzi il processo regredisce alla Commissione tributaria regionale della Campania, che ora si chiama Corte di giustizia tributaria di secondo grado, che dovrà stabilire “la residua somma dovuta dal ricorrente”.

Vostro Gino Palumbo

 
Diego A. Maradona
Angelo Pisani