Dici stampatore e pensi: Luca Colasanto. Come per il confetto Falqui, basta la parola. Chiunque abbia una certa familiarità col mestiere di giornalista lo sa, e col tempo quella qualifica stampatore è diventata quasi una appendice del cognome. Perché Colasanto stampa (a Vitulano, in provincia di Benevento, la sua terra) tutto lo stampabile in “sedici aziende stampatrici distribuite in tutto il territorio europeo” come suggerisce il sito di famiglia (tra i tanti prodotti, ricordiamo Il Foglio di Giuliano Ferrara, Il Giornale di Vittorio Feltri, La Gazzetta dello Sport di Andrea Monti, la Stampa di Mario Calabresi, il Financial Times e El Pais).
Questi impegni non gli impediscono tuttavia di fornire il proprio contributo alla causa berlusconiana: nel 2005 è stato rieletto consigliere regionale della Campania, dopo una prima elezione nel 1995 quando diventò presidente della giunta regionale Antonio Rastrelli. Questo, in estrema sintesi (a Roma direbbero hai detto cotica) è il profilo del personaggio.
Non stupisce quindi, anzi è più che umanamente giustificato il dato, aggiornato al 10 febbraio scorso, che indica nell’imprenditore nato a Baselice il recordman dell’assenteismo alle sedute del consiglio regionale (73 sedute saltate su 171 con un tasso d’assenza del 42,69 per cento, dati pubblicati da ilsannita.it). Un fastidio farsi identificare ogni volta dai vigilantes all’ingresso: “E voi chi siete? Lo stampatore. Entrate”.
Ora Colasanto ci riprova e per la campagna elettorale ne tira fuori una che dire esilarante è riduttivo: una canzoncina al ritmo afroamericano dei rapper anni ’70 che imperversa su youtube ed è già diventata un cult. E vi invitiamo a digitare.
Ma se avete fretta vi aiutiamo. Questo “il rap dello stampatore”, che viene ripetuto al ritmo ossessivo dei tamburi in un entusiasmante
crescendo: Io voto Colasanto / e me ne vanto / e me ne vanto / io voto Colasanto / per il futuro della mia
gente.
Impossibile non lasciarsi trascinare. Nella seconda strofa una stoccatina a Nunzia De Girolamo, coordinatrice sannita del Popolo della libertà: Cara Nunzia non ti arrabbiare/ a Colasanto dobbiam votare. In realtà la “a” è superflua e sgrammaticata, ma se l’avessero tolta si sarebbe afflosciato il ritmo.
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