Al parco del Fusaro
il museo della Shoah

QUANDO, CINQUANT’ANNI fa, o giù di lì, iniziai ad interessarmi alla tragedia vissuta da undici milioni di ebrei europei, conclusasi solo pochi anni prima che venissi al mondo, mai avrei immaginato che un giorno sarei stato proprio io a progettare la nascita di un Centro di documentazione della Shoah e dell’ebraismo meridionale. Un vero e proprio archivio della memoria che avrà il suo quartier generale a Bacoli, la più ebraica tra le località della Campania. Non solo per la presenza dei tanti nomi dall’inequivocabile radice giudaica (Samuele, Giacobbe,

Ezechiele, Mosè, Isaia, Rachele, Giuditta, Sara, Ester), che tenderebbero a dar ragione a quanti sostengono che fu proprio Bacoli ad

Bacoli (Napoli). Il parco borbonico del Fusaro con il nuovo binario

accogliere gli ebrei che nella prima metà del 1500 gli Spagnoli avevano cacciato dalla capitale del Regno. Ma anche e soprattutto perché fu proprio Bacoli, e precisamente Villa Scalera che gli Alleati avevano confiscato a un produttore cinematografico colluso col fascismo, la sede del kibbutz “MechorBaruch”. Con questo nome, infatti, nella primavera del 1946 alcune centinaia di sopravvissuti alla Shoah identificarono il luogo in cui per mesi attesero il veliero (l’Ideros-AmiramShochat) che avrebbe permesso loro di giungere clandestinamente in Palestina, all’epoca protettorato britannico.
Ma, aggiungo, che Bacoli non sarà solo la sede di un Centro di documentazione, ma anche un luogo in cui confrontarsi materialmente con gli orrori di un passato con cui cittadini e istituzioni di questo Paese hanno sempre evitato di fare i conti. A ricordarci quel passato mai passato sarà un carro ferroviario delle Regie Ferrovie Italiane, utilizzato non solo per il trasporto di merci e animali, ma anche per deportare decine di migliaia di uomini, donne e bambini, di religione ebraica e non, nei campi di concentramento e di sterminio del centro e dell’est Europa. Un vero e proprio monumento all’orrore e alla mancanza di memoria che, nei primi giorni di aprile, sarà trasportato all’interno del parco borbonico del Fusaro, dopo essere stato esposto in piazza del Plebiscito

Umberto De Gregorio, Josi Della Ragione e Lydia Schapirer

a Napoli (gennaio 2012) e nello spiazzo antistante il museo dello Sbarco di Salerno per più di sette anni. E sarà proprio quel carro l’elemento centrale intorno al quale ruoterà il museo virtuale della

Shoah. Un museo particolare, che più che con degli oggetti permetterà al visitatore di percepire 'sensorialmente' alcuni degli elementi che caratterizzarono quella tragedia.
Un progetto ambizioso ma anche costoso, se si vuol fare veramente breccia nel muro dell’indifferenza che, causa la scomparsa degli ultimi testimoni diretti, rischia di contagiare tutto e tutti. È perciò doveroso ringraziare quanti hanno creduto in questo progetto, permettendo di dare forma e sostanza al primo passo di un lungo percorso.
In primis, la Comunità ebraica di Napoli e la sua presidente Lydia Schapirer, che non hanno mai fatto mancare il loro sostegno; il sindaco e l’assessore alla Cultura del Comune di Bacoli, Josi Della Ragione e Mariano Scotto di Vetta, che hanno messo a disposizione gli spazi per realizzare il progetto; il presidente dell’Ente Autonomo Volturno (Eav), Umberto De Gregorio, che ha fornito uomini, mezzi e materiali (binari e traversine) per realizzare la piattaforma su cui poggerà il carro ferroviario; il Sindacato dei giornalisti della Campania (Sugc), che con il segretario Claudio Silvestri, il consigliere Fnsi Gerardo Ausiello e

l'intero consiglio direttivo ha deciso di contribuire alle spese di trasporto del vagone da Salerno a Bacoli; la Federazione delle associazioni Italia-Israele, che non ha fatto mancare il suo sostegno anche

Samuele Guardascione, Mariano Scotto di Vetta e Claudio Silvestri
economico all’iniziativa. Senza dimenticare il presidente della associazione ‘Bacoli-Kymh (la città dei fondatori di Cuma)’, Samuele Guardascione, che con le sue ricerche ha rinsaldato il legame d’amicizia tra la cittadina flegrea e Israele e ha generato in me uno stimolo in più per individuare in Bacoli il quartier generale dove realizzare questo programma di lavoro.

Nico Pirozzi