È DAVVERO TRISTE vedere il numero uno dei quotidiani italiani, il Corriere della Sera, che il 22 marzo non trova in prima pagina neanche lo spazio di un titoletto a una colonna per dare la notizia della morte di Gianni Mura, la firma più pregiata del giornalismo sportivo italiano. Perché? Abbiamo girato la domanda a un corrierista di antica data che spiega: “l’intera cabina di comando di via Solferino (il direttore Fontana, la vicaria Stefanelli, i vice Manca, Postiglione e Tucci, ndr) |
Anche perché due mesi fa quando è scomparso un altro monumento del giornalismo, Giampaolo Pansa, venne fatta una scelta diversa: la notizia occupava il centro della prima con una foto a quattro colonne”.
I servizi su Mura vengono relegati nella seconda di sport, a pagina 43, con la testimonianza di Mario Sconcerti e il ricordo del redattore capo centrale Luciano Ferraro.
Fontana e il suo team escono male da questa vicenda, peggio ne esce Mario Sconcerti, che da firma di punta dello sport Corriere doveva imporre la notizia di Mura in prima. Si limita invece a firmare un articolo senza partecipazione in cui parla molto di se stesso. Cita il periodo in cui hanno lavorato insieme a Repubblica lui, il capo, Brera e Mura: “abbiamo avuto la fortuna di lavorare tutti e tre insieme. Io guidavo la barca, loro mettevano il vento”. Nel ritratto tante le note negative: “era possessivo, infantile, bisognoso di cura, di una luce dagli altri che ne illuminasse la diffidenza, forse la solitudine”. In oltre centotrenta righe riesce a non citarne mai l’etica e soprattutto le strepitose cronache dei trentatrè Tour de France.
“Ci siamo persi negli ultimi anni, - racconta Sconcerti – non eravamo più spontanei. Da quando anch’io scrivevo ci sentivamo un po’ avversari”. E questa confessione spiega forse anche l’articolo.
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