Caro Direttore,
è arrivato il tempo dei saluti, definitivi voglio sperare, e non volevo mancare questo appuntamento. Non avendo molte occasioni di incontrarti, ho deciso di dirti addio attraverso le pagine di Iustitia, sempre così attenta alle nostre traversie di giornalisti.
Ti chiamo ancora Direttore: ora che posso appellarti con l’anelato “ex” davanti non ci riesco, per pudore o per snobismo, fai tu. Per pudore perché temo che nel pronunciare quelle due letterine possa uscire a fiotti un contentezza che è dolce ma anche amara, un po’ come la marmellata di arance, perché l’amaro c’è e non si può
eliminare visti gli ultimi accadimenti, e il nude look nei sentimenti non mi piace. Per snobismo perché penso che in fondo, come dicono i francesi, tout passe, tout casse, tout lasse, e tout se remplace. E tu non fai eccezione alla regola. È inutile ricordarti che sempre si diventa ex. E il tempo, prima o poi doveva portarti lontano da via Chiatamone 65.
Sfortunatamente ci ha impiegato un bel po’. Troppo. Il tuo nome, negli annali del
giornale, si ingiallirà sempre più e ben presto non sarai ricordato se non per le
tue partecipazioni frenetiche a Porta a Porta e per aver confezionato, soprattutto
negli ultimi tempi, il giornale più berlusconiano d’Italia dopo Libero e il Giornale.
Volevo però consolarti. C’è sempre qualcuno che è più osservatore di altri, dotato di una memoria spiccata, per cui sarà disposto a ricordarti anche per altri motivi.
Uno, per esempio, è che sei stato un Direttore sui generis: in sette anni li hai scritti sette fondi? Eppure Il Mattino avrebbe avuto bisogno di una conduzione autorevole, di una firma che orientasse i napoletani, visti gli anni di tumultuose trasformazioni verso il basso subite dalla città.
L’affaire rifiuti ti ha visto politicamente attivo solo quando il tuo conducator Berlusconi ha deciso di usarlo come leit motiv della sua campagna elettorale. Così come il nodo Comune: articoli a tua firma giammai, ma la tua azione, profonda e capillare, è stata evidente attraverso i pezzi pubblicati giorno dopo giorno, firmati dai nuovi colleghi ai quali i settori più caldi delle cronache venivano via via affidati. Giornalisti fidatissimi, per lo più assunti a tempo determinato. Cito soltanto gli ultimi: Pappalardo, Fanuzzi, Toriello, Ausiello, Taormina, Piscitelli. Grati (data l’abbondanza di iscritti all’Ordine in libera circolazione) o ricattabili.
E che dire dei rapporti tra Napoli e il suo giornale che storicamente la rappresenta,
incarnandone difetti e virtù? Un legame che nessuno era riuscito a tranciare mai, nonostante le incomprensioni e alcune discusse direzioni (una per tutte: Pasquale Nonno) nell’arco degli ultimi trent’anni. Sei arrivato tu invece, et voilà: operazione perfettamente riuscita con pochi semplici tocchi: controllare in maniera certosina l’accesso al giornale; dichiarazioni solo da parte dei politici e intellettuali graditi e sponsorizzati; visibilità solo dei partiti ammessi a corte, azzeramento di tutti gli altri. Se i nemici ogni tanto comparivano, era solo per metterli alla gogna, semmai. Lettere, interventi di professionisti e figure carismatiche della città: solo su richiesta. Altrimenti niet. Oppure un’arrogante indifferenza. Pagine e pagine organizzate senza ritegno solo in funzione del tuo ardente futuro in Rai. Così siamo andati avanti. Nel frattempo operavi all’interno del giornale con spicci modi da padroncino, spingendo ai margini tutta una classe di giornalisti bravi e pensanti. Ne cito soltanto alcuni: Enzo Ciaccio, Gigi Di Fiore, Titti Marrone, Elio Scribani e, da ultimo, Donatella Trotta. Se per alcuni di loro l’annullamento professionale non ti è riuscito è perché ne avevi disperatamente bisogno; penso a Federico Vacalebre.
E ai non allineati hai dispensato dispetti, punizioni e discriminazioni, mentre facevi crescere i pochi eletti gratificandoli con prebende e scampoli di potere (in realtà usandoli senza pietà). In questo clima l’identità della testata è andata via via scolorendosi, mentre ti è stato facile, facilissimo, avallare scelte editoriali di brutale ridimensionamento del giornale. Un processo di rimpicciolimento nel quale la tua direzione ha impresso segni profondi come le tracce lasciate dalle zampe di un dinosauro. Il resto della storia è noto: il giornale è colato a picco mentre tu, al contrario, spicchi il volo.
Auguri Direttore, le tue valige sono pronte da un pezzo, oltrepassa il ponte d’oro del palazzo di via Chiatamone semideserto e va’, non voltarti indietro.
Sai, a me incutono sempre un certo timore certe letture della Genesi. |