Barbano va all'attacco
della procura di Napoli

IL 20 MARZO il Mattino spara a palle incatenate sulla procura di Napoli, dal giugno 2012 guidata da Giovanni Colangelo. Il cannone che fa fuoco è un corsivo di diciotto righe pubblicato sulla prima pagina del dorso cronaca intitolato “Se gli atti dovuti diventano macigni”. Il testo è senza firma e quindi va attribuito al direttore Alessandro Barbano, anche perché schiera il

giornale su un fronte delicato come la giustizia.
Prima di passare al merito, due micro notazioni sulla scrittura: se si latineggia, si scrive “notitia” e non “notizia criminis”; il “segreto istruttorio” è scomparso nel 1989 con l’entrata in vigore del codice di procedura


Alfonso D'Avino e Giancarlo Novelli

penale noto come codice Vassalli (dal nome dell’allora ministro della Giustizia) e da venticinque anni è stato sostituito dal “segreto investigativo”.   
Il corsivo è centrato sull’inchiesta scaturita da una segnalazione degli uffici della Banca d’Italia che ha spinto la Guardia di finanza a indagare sull’acquisto di un immobile. L'operazione vede coinvolti l'endocrinologa Annamaria Colao, moglie del presidente della Regione Campania Stefano Caldoro, che non risulta indagata, e il capo della segreteria di Caldoro, Sandro
Santangelo
. Sui reati ipotizzati, truffa e riciclaggio, sta lavorando il pubblico ministero Giancarlo Novelli della sezione reati contro la pubblica amministrazione, coordinata dal procuratore aggiunto Alfonso D’Avino.
Alla notizia il 19 marzo il Mattino riserva l’apertura del secondo dorso e le prime due pagine di cronaca con servizi documentati firmati da Leandro Del Gaudio, Antonio Vastarelli e Cristiano Tarsia. Il giorno successivo nelle prime due pagine di cronaca ci sono cinque servizi, quattro firmati da Gerardo Ausiello e il quinto da Adolfo Pappalardo, ma nella prima c’è il fondino del direttore. Che cosa scrive Barbano?
L’inchiesta della procura è in grado di destabilizzare gli equilibri della Regione in una fase delicata della legislatura”. E che argomentazione è?


Stefano Caldoro e Sandro Santangelo

L’avvio di una qualsiasi indagine dovrebbe essere preceduta da una riunione in procura per valutarne le conseguenze o i riflessi sulla situazione politica nazionale, regionale o municipale?
Il direttore continua: “Trincerarsi dietro i cosiddetti ‘atti dovuti’

significa non capire gli effetti di alcune iniziative giudiziarie. Né una singola notizia criminis può essere la porta di accesso per un’indagine a strascico che si apre e non si chiude mai, e nel frattempo travolge tutto ciò che incontra”. Ma il numero uno di via Chiatamone ha mai sentito parlare della 'obbligatorietà dell’azione penale'? Gli uomini della polizia tributaria avrebbero dovuto cestinare la segnalazione della Banca d’Italia invece di avviare le indagini?
Per poi concludere: “Perciò, nel rispetto del segreto istruttorio ma anche della delicatezza istituzionale, sarebbe bene che si chiarisse almeno l’oggetto dell’indagine e i soggetti indagati”.
Il corsivo è decisamente fuori equilibrio e peraltro attribuisce alla magistratura responsabilità che non le competono per intero. Il 19 marzo il Mattino riserva alla notizia dell’indagine titoli d’apertura nelle prime tre pagine di cronaca: in prima: Indagine su una casa di Caldoro; in seconda: Indagato il capo staff di Caldoro; in terza: “Un acquisto per mia figlia / tutto regolare, lo dimostrerò”. Il rilievo e l’enfasi la vogliamo scaricare sui magistrati D’Avino e Novelli o siamo di fronte a una scelta dei giornalisti del Mattino?
Resta soltanto una domanda: perché è partito l’attacco ad alzo zero? Abbiamo cercato di avere una risposta direttamente da Alessandro Barbano, leccese, cinquantadue anni, una laurea in Giurisprudenza, autore due anni fa di un Manuale di giornalismo scritto con la collaborazione di Vincenzo Sassu

per l’editore  Laterza, docente di Giornalismo politico ed economico all’università La Sapienza, dal 17 dicembre 2012 direttore del Mattino. Barbano è stato molto cortese ma fermo nel rifiutare qualsiasi commento.
Per avere una spiegazione


Ennio Cascetta e Giovanni Fiandaca (*)

ci siamo allora rivolti ad alcuni graduati del giornale che lo conoscono bene. Tutti d’accordo nel sostenere che dietro l’attacco non ci sono ragioni editoriali (gli interessi a Napoli e in Campania di Caltagirone), né motivazioni politiche. Certo Barbano, osservano, con Caldoro ha feeling, mentre non ne ha con De Magistris e a volte si innamora delle persone e delle loro tesi che trovano subito spazio sul giornale. E vengono citati due esempi: qualche mese fa è toccato all’ex assessore regionale ai Trasporti Ennio Cascetta e più di recente al professore palermitano di Diritto penale Giovanni Fiandaca. Così a volte si infila in questioni che non padroneggia e viene fuori una certa inesperienza dovuta al fatto che forse non ha lavorato a lungo come cronista.
Fuori discussione, dicono i suoi giornalisti, sono la buona fede e l’impegno costante per realizzare al meglio il giornale, con un’idea di informazione che non vuole fermarsi ai fatti, ma offrirne ai lettori un’interpretazione. Altrettanto fuori discussione è la sua linea garantista, spesso aspra contro l’invasività di certa magistratura. In questo caso però, spiega uno degli ufficiali, il corsivo è nato con il giornale in chiusura, poco prima di mezzanotte. L’ha scritto d’impeto e la fretta non aiuta a essere precisi e misurati.


(*) Da www.dagospia.com