Caro direttore, leggo in due lanci dell’agenzia Adnkronos del 26 maggio che il dirigente del commissariato San Carlo all’Arena di Napoli, Sossio Costanzo, è stato promosso questore. Nel doppio take, siglato da Carmine Spadafora, si ricostruisce la brillante carriera del poliziotto. Sono 35 righe di encomi, appena velate da un passaggio-flash: “Negli anni '90 il questore Sossio Costanzo ha vissuto profonde amarezze dalle quali è poi uscito indenne”.
Cosa accadde? Per un gol all’ultimo minuto perse un 13 da favola? Fece naufragio col suo gommone? Si accorse che la taglia 48 non gli andava più? No: finì sotto
processo, accusato di collusioni con i clan della camorra. Ne fu assolto, per non aver commesso il fatto, in primo grado e in appello, riportando solo una condanna a un anno e 10 mesi per favoreggiamento e detenzione d’armi.
Lo ripetiamo e sottolineiamo: dall’accusa più infamante è stato assolto con formula piena e definitiva. Ma perché non dirlo? Per quale forma di prudenza o delicatezza parlare vagamente di generiche “amarezze”, che un giornalista più giovane, trovandosi a dover compilare una notizia, non capisce, da quel lancio, quali siano? |