Mattino, la Cassazione
"reintegra" Siviero

LA CORTE DI cassazione ha annullato la sentenza sul licenziamento del giornalista del Mattino Massimo Siviero e, per la decisione nel merito, ha rinviato alla Corte d'appello di Campobasso. Toccherà ora ai giudici molisani procedere all'esame della questione e stabilire, secondo i principi giuridici fissati dalla Suprema corte, i danni retributivi, professionali e
biologici subiti dal giornalista per il licenziamento e quantificare le spese di tutti i gradi di giudizio.
Con la sentenza depositata il 27 ottobre la sezione lavoro della Cassazione (presidente Vincenzo Mileo, consiglieri Donato

Massimo Garzilli, Clemente Mastella e Claudio Scamardella
Figurelli, Natale Capitanio, Maura La Terza e, relatore, Giovanni Amoroso) ha stabilito che, nel caso di riduzione dell'organico, il licenziamento di un giornalista deve avvenire nel pieno rispetto di tutte le norme che tutelano i lavoratori (in particolare la legge numero 223 del '91 sui licenziamenti collettivi e la 604 del '66 sui licenziamenti individuali) e non sono consentite scorciatoie con interpretazioni forzate della legge dell'editoria del 1981. Il 18 agosto 2000 la Corte d'appello di Napoli (presidente Cesare Diani e consiglieri Filippo De Caprariis e, relatore, Vittorio Nobile) aveva definito "fuori luogo" queste garanzie in caso di licenziamento di giornalisti ritenuti in esubero e quindi da espellere dal ciclo produttivo senza alcuna garanzia per il solo fatto di essere stati posti , anche per un solo giorno, in cassa integrazione.
La Cassazione ha azzerato la decisione dei giudici partenopei. "Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'appello di Napoli - scrivono nella sentenza i magistrati della Suprema corte - deve escludersi che l'articolo 36 della legge 416 del 1981 (la legge per l'editoria, ndr) autorizzi la configurazione di un licenziamento collettivo, quale fattispecie distinta e diversa da quella generale prevista dall'articolo 24 della legge 223 del 1991, legittimato unicamente dal fatto di essere preceduto da un periodo di trattamento straordinario di integrazione salariale ex articolo 35 della medesima legge 416 del 1981".
Quindi concludono:"Conseguentemente la legittimità, o meno, del


Franco Maresca e Paolo Serventi Longhi

licenziamento doveva essere valutata sulla base dell'ordinaria disciplina del recesso e, nel caso di licenziamento collettivo, sulla base dell'articolo 24 della legge 223 del 1991 quanto ai presupposti sostanziali".
"La sentenza della Cassazione - dichiara Massimo Siviero, difeso in giudizio dall'avvocato Domenico D'Amati, mentre i
legali del Mattino sono Marcello de Luca Tamajo e Enrico Boursier Niutta - è una pietra miliare in materia di licenziamenti dei giornalisti per tagli occupazionali e per ristrutturazioni aziendali. Ora non sarà più possibile considerarli alla stregua di lavoratori di serie B perché non esiste alcuna norma 'speciale' che consenta di licenziarli utilizzando corsie preferenziali. Anzi, la Cassazione ha precisato che per i giornalisti, garanti del pluralismo dell'informazione, le tutele devono essere addirittura maggiori. La sentenza inoltre potrebbe avere riflessi anche su certi stati di crisi troppo disinvolti".
Si chiude così un nuovo round del braccio di ferro che da molti anni oppone Massimo Siviero ai vertici amministrativi e editoriali dell'Edime-il Mattino, che ha avuto il punto più alto alla fine del gennaio del '97 quando l'azienda, forse per liberarsi di un giornalista evidentemente non gradito, piazza un doppio colpo: il 26 gennaio il direttore amministrativo Massimo Garzilli gli comunica la decisione dell'azienda di collocarlo in cassa integrazione; il giorno successivo, quando Siviero compie cinquantacinque anni, gli notifica il licenziamento.
Il doppio colpo viene sferrato dall'Edime utilizzando il terzo verbale
d'accordo sottoscritto il 18 dicembre del 1996 dall'azienda, dalla Fieg, la Federazione degli editori, dal comitato di redazione del Mattino (Bruno Delfino, Claudio Scamardella e Lino Zaccaria), dall'Assostampa e dalla Federazione nazionale della stampa. Il terzo verbale, come i primi due (sottoscritti il
Rossella Catena e Marina Cosi
4 gennaio 1995 e il 9 ottobre '96), rientra nello stato di crisi chiesto il 22 novembre 1994 (il direttore responsabile del Mattino è Paolo Graldi, che manterrà l'incarico fino al settembre del '99) per ottenere, in base al piano di risanamento e al piano editoriale presentato al ministro del Lavoro Clemente Mastella, la dichiarazione di "eccedenza di quaranta giornalisti". Verrà poi definitivamente autorizzato dal ministero il 'taglio' di una prima tranche di trenta redattori nel 1995 e una seconda di cinque nel '96.
Due giorni dopo il licenziamento di Siviero il presidente dell'Associazione napoletana della stampa Franco Maresca annuncia che impugnerà il verbale di accordo e chiede l'intervento della Fnsi. Del resto il verbale contiene passaggi davvero singolari: al punto 2, ad esempio, viene stabilito che verranno considerati "esuberi di personale … le unità giornalistiche che si sono aggiunte o che dovessero aggiungersi all'organico aziendale, durante il citato periodo di vigenza dello stato di crisi, per cause diverse da quelle di cui al punto 8 dell'allegato D del contratto nazionale di lavoro giornalistico". Quindi anche di chi viene reintegrato in organico con una sentenza della magistratura.
Nella lettera, indirizzata il 29 gennaio '97 al segretario della Fnsi Paolo Serventi Longhi e ai vice segretari Franco Siddi, Federico Pirro, Marina Cosi e Domenico Castellano, Maresca scrive: "La 'verifica' per l'approvazione del verbale d'accordo si sarebbe dovuta fare con un tavolo vero e non 'virtuale' per valutare tutte le conseguenze. Senza contare che il


Federico Pirro e Franco Siddi

comitato di redazione quando mi ha chiesto di firmare il documento il 14 ottobre 1996 ha espressamente parlato di incontro a Roma (come da lettera allegata). Questa riunione non è mai stata convocata e ribadisco che il 18 dicembre 1996, data del verbale di accordo, non ero nemmeno in Italia". Sulla
vicenda è stata anche presentata una denuncia alla procura della Repubblica di Napoli, poi archiviata dal giudice per le indagini preliminari Giovanna Ceppaluni, che ha fatto propria la richiesta del pubblico ministero Rossella Catena.