“Il suo nome di battesimo”

«Il suo nome di battesimo è Vera Buchtal», afferma Andrea Purgatori nel presentare la testimonianza dell’imprenditrice e filantropa inglese di origine austriaca Stephanie (Steve) Shirley, una delle protagoniste della puntata che, lo scorso 20 aprile, Atlantide, il settimanale della La7, ha riservato alle vite spezzate dalla guerra.
Un racconto toccante, quello di Vera-Steve che, ottanta e più anni fa, faceva parte di quell’esercito di circa diecimila bambini e neonati ebrei tedeschi, austriaci e cechi che, tra il novembre del 1938 e il maggio 1940, furono adottati da famiglie e organizzazioni umanitarie britanniche allo scopo di sottrarli alla brutalità delle leggi razziali naziste. Difatti, Vera Buchtal e la sorella Renate furono messe a bordo di un “Kindertransport” quando i loro genitori si resero conto che le figlie non avrebbero avuto alcun futuro nella Germania di Hitler.
Ma cosa c’entra tutto questo con l’affermazione di Purgatori? Semplice, una bambina ebrea non può aver ricevuto il battesimo, anche se l’antisemitismo tedesco, come quello italiano, aveva un’impronta di carattere biologico oltreché confessionale. Aggiungo anche che non ho contezza se la piccola Vera – che era figlia di una coppia di cosiddetto sangue misto (Michling) - fosse destinata a diventare “figlia del Comandamento” (Bat Mitzvah) essendo solo il padre ebreo. Per lo stesso motivo non so nemmeno se fosse battezzata. Ma utilizzare il più cristiano tra i vocaboli per dare un nome a una persona di acclarata ascendenza ebraica mi sembra un po’ eccessivo. Inadatto, soprattutto se utilizzato da un giornalista scrupoloso e sensibile, come Andrea Purgatori. Molto più appropriato e se vogliamo anche rispettoso – visto che stiamo parlando di eventi legati alla Shoah - sarebbe stato fare riferimento all’anagrafe cittadina e non a un sacramento per ricordare il vero nome di Steve Shirley.

Nico Pirozzi
(Presidente dell’Associazione Memoriæ –
Museo della Shoah)

 
Vera Buchtal
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Renate Buchtal
Adolf Hitler