"Abbiamo scelto la speranza alla paura"

Qualsiasi cittadino straniero vi dirà che la lingua italiana è una delle più difficili da apprendere. E questo è un dato oggettivo, pur senza arrivare agli eccessi rappresentati da Josè Altafini, che dopo cinquanta anni di permanenza in Italia continua a chiedere ai telecronisti di Sky quale espressione si usa nella nostra lingua, ad esempio, per indicare quel signore che corre con una bandierina lungo la linea laterale del campo di calcio.
Lingua difficile, anche per qualche indigeno. Mercoledì 21 gennaio tutti i giornali italiani hanno lo stesso argomento come apertura: il giuramento di Barack Obama, successore di George W. Bush. E ogni direttore passa al microscopio il discorso di investitura del primo presidente che hanno gli americani, per trovare una frase ad effetto. City, il quotidiano gratuito della Rcs diretto da Bruno Angelico, si sofferma opportunamente sul messaggio positivo di Obama, che invita i cittadini a guardare al futuro con ottimismo. Ma nel nostro complicato idioma la traduzione diventa devastante, e il titolo a quattro righe, di fianco alla foto del presidente che ama la lampada abbronzante, diventa “Abbiamo scelto la speranza alla paura”. Proprio come avrebbe detto Altafini. E come non si dice nella lingua italiana. Tra la parola “scelto” e la tempia destra di Obama, nella foto, c’è tanto di quello spazio che “scelto” poteva diventare “preferito”, oppure “anteposto”, a beneficio di tutti. Anche per non fornire ulteriori alibi a Altafini.  Che se avesse letto City avrebbe detto: “Amisc, che titolassu”.

Hans Schnier
City del 21 gennaio

(*) barackobama.imageslibrarys.com
(**) www.fantom-xp.com
 
Josè Altafini
Barack Obama (*)
George W. Bush (**)