Mattino, si rivede
il cdr dopo 4 mesi

SI SONO CONCLUSE alle 20 del 30 ottobre le operazioni di voto per il comitato di redazione del Mattino. Dai sessantuno votanti sono stati eletti Daniela Limoncelli con 36 preferenze, Marisa La Penna con 22, Salvo Sapio con 19; bocciati Maurizio Cerino con 17 voti e Cristiano Tarsia con 5; due redattori hanno invece depositato nell’urna una scheda bianca; per la redazione di Salerno è stato eletto Fulvio Scarlata che ha ottenuto sei preferenze su sei votanti, mentre non hanno presentato candidati i diciassette

giornalisti delle sedi di Avellino (cinque unità), Benevento (quattro unità) e Caserta (otto unità); in campo per i collaboratori contrattualizzati un unico candidato, Antonino Siniscalchi, dal 1991 corrispondente da Sorrento.
Qualche notazione. È un


Daniela Limoncelli, Salvo Sapio e Cristiano Tarsia

cdr a cinque e non più a sette componenti: la sede capitolina non c’è più e le redazioni distaccate non hanno presentato candidati. Per la prima volta nella sua storia il Mattino ha un cdr a maggioranza femminile, Limoncelli e La Penna, che hanno ottenuto il maggior numero di voti. La nuova squadra ha un solo esordiente, Marisa La Penna, cinquantadue anni, da ventisette professionista, vice capo servizio in cronaca, da un anno fiduciaria Casagit per la Campania. Bocciatura invece per Cerino e Tarsia, entrambi provenienti dalla piccola redazione internet che conta cinque unità; in particolare Cerino si piazza di nuovo al quarto posto nell’arco di undici mesi: un anno fa incassò 26 preferenze e venne sconfitto per un voto da Franco Buononato.
Ancora. Le sedi distaccate hanno deciso che era inutile presentare candidati, persino Caserta guidata da Gianni Molinari, ex presidente dell’Assostampa lucana e per anni attivo nelle strutture di vertice della Fnsi. Le redazioni provinciali danno così continuità a una linea adottata di frequente negli anni


Franco Buononato, Maurizio Cerino e Gianni Molinari

scorsi dalla sede romana che dal primo settembre ha definitivamente chiuso, con due redattori trasferiti a Napoli (Teresa Bartoli e Antonio Troise) e tre in cassa integrazione: Giusy Franzesa, Maria Paola Milanesio e Elena Romanazzi.
Al voto si è arrivati dopo

una lettera inviata il 15 ottobre da Daniela De Crescenzo, a nome del cdr dimissionario, con la convocazione per il 19 ottobre dell’assemblea per la nomina della commissione elettorale. “Il direttore – scrive la cronista - ci ha comunicato che dal 12 novembre Il Mattino andrà in edicola con la nuova grafica che sarà illustrata alla redazione il 22 ottobre. … Riteniamo che questa nuova fase non possa essere gestita da un comitato di redazione dimissionario: l'assemblea di redazione è convocata per lunedì alle ore 17 per la nomina della commissione elettorale incaricata di organizzare le elezioni del nuovo Cdr”.
Sicuramente la nuova grafica, la riorganizzazione dei settori e delle pagine richiedono un nuovo cdr, ma è altrettanto sicuro che anche la gestione iniziale della stato di crisi, con l’ultimo ordine di servizio firmato da Mario Orfeo, i prepensionamenti e la cassa integrazione a rotazione, avrebbe richiesto una presenza sindacale solida accanto a redattori disorientati. Invece dal primo

luglio, con le dimissioni di Marco Esposito e Pietro Treccagnoli, firmatari dello ‘storico’ accordo sullo stato di crisi sottoscritto il 22 giugno al ministero del Lavoro, ogni redattore ha dovuto gestire in solitudine il suo rapporto con l’azienda. Per oltre cento giorni


Teresa Bartoli e Antonio Troise
nessuno ha pensato di avviare le procedure per eleggere il cdr, creando un vuoto che ha riportato il Mattino, il più grande, autorevole e diffuso quotidiano del Mezzogiorno, a prima del luglio del 1947 quando vennero ‘inventati’ i comitati di redazione per difendere in azienda i diritti dei redattori.
Che succede ora? “Incontreremo i componenti del comitato di redazione che ci ha preceduto – risponde Salvo Sapio, per quattro mesi cdr con Giuseppe Crimaldi e Franco Buononato, cdr sfiduciato nello scorso marzo e sostituito dalla squadra che ha siglato l’accordo di giugno – per una sorta di passaggio delle consegne e poi ci riuniremo per definire un piano di lavoro. L’esperienza fatta mi ha insegnato che è inutile cercare l’unanimità a tutti i costi: bisogna confrontarsi e decidere. Io penso che dobbiamo ripartire dal voto del 30 giugno che ha approvato l’intesa sullo stato di crisi, ma ha bocciato in maniera


Giuseppe Crimaldi, Giusy Franzese e Elena Romanazzi

netta le modifiche agli accordi su lavoro notturno, straordinario, nuove tecnologie, giornale on line e altro ancora. Dobbiamo sederci al tavolo con l’azienda e ripartire dalla volontà chiara espressa dalla redazione per trovare punti di equilibrio. E se

non c’è una disponibilità vera a trattare, dovremo percorrere tutte le strade per impedire  forzature e prevaricazioni, compresa la strada giudiziaria”.