A' la guerre comme à la guerre. Non risparmia toni apocalittici, da crociata o da ultima spiaggia, l'inviperita campagna ingaggiata da Alessandro Barbano, direttore del Mattino, che ha schierato il giornale contro il nuovo Codice Antimafia, quello approvato mercoledì 27 settembre in via definitiva dalla Camera e che estende ai reati di corruzione perpetrati ai danni della pubblica amministrazione misure come la confisca dei beni, già previste per i mafiosi, una volta comprovata la pericolosità sociale dell'accusato.
Che la nuova legge anti-corruzione, fin da quando era in gestazione, non piacesse proprio a Barbano, lo avevamo capito da tempo. Ma è appunto mercoledì 27, proprio mentre i lavori della Camera sono in corso, che il direttore del Mattino lancia il suo proclama-anatema, attraverso un editoriale, da lui stesso firmato, in prima pagina. Già il titolo la spara grossa: "La giustizia da oggi tratta tutti da mafiosi". E poi è l'incipit dell'articolo a scuotere l'ignaro lettore per dirgli che nel cielo della nostra patria sta per scoccare l'ora che cambia i destini: "Cari lettori, mentre leggete questo articolo il Parlamento sta votando perché la giustizia del sospetto diventi in Italia non una patologia del sistema, non una eccezione, ma la regola". E via così per tutto l'editoriale.
Ma per chi ancora non l'avesse capito, giovedì 28 settembre Barbano rincara la dose e manda in edicola un ‘Mattino’ senza titolo, dove campeggia un'enorme immagine nera, commissionata al vignettista Riccardo Marassi, che mostra la Morte con la falce sulle spalle, pronta evidentemente a mietere vite di vittime innocenti. La scritta gigantesca dice: "LA NUOVA GIUSTIZIA". Nessun testo, sotto l'occhiello, spiega o riferisce la notizia. Solo un editoriale, affidato stavolta a Giovanni Verde, perentoriamente dichiara: "Una legge che offende la libertà". Il contenuto ve lo lasciamo immaginare.
Una scelta, questa prima pagina, che sembra sintetizzare l'informazione come la intende ormai Barbano: la cronaca della notizia sostituita dal commento. Inutile cercare nelle pagine interne, sull'argomento, punti di vista diversi. L'intervista all'ex ministro Giovanni Maria Flick (titolo: "Legge inutile e dannosa, serve solo per tacitare la piazza") non fa che ripetere con altre parole le verità di Barbano, distribuite dal Mattino senza se e senza ma.
Nei giorni successivi la musica non cambia. Siamo molto lontani dal filosofico "elogio del dubbio", la cui vitalità argomentativa e fondante è stata richiamata da Anton Zijdelverd: qui, paradossalmente, il dubbio o il giudizio, più che legittimo, su una legge che può non piacere, si pretende di imporli oltre ogni dubbio, senza ascoltare o dar voce all'altra campana.
Che il direttore del Mattino voglia allineare il giornale che dirige ad altri schierati sulla stessa barricata ideologica, è una sua libera scelta. L'ultima campagna del Mattino non aggiunge d'altra parte niente di nuovo a certe sensibilità a indignazione alternata, che siamo abituati a riconoscere da anni: quelle che da una parte predicano inflessibilità, linea dura e sindaci sceriffi e dall'altra sobbalzano e rabbrividiscono denunciando "un sistema penale
securitario" (parole di Barbano) quando nel mirino ci sono o potrebbero finire i potenti o i corrotti. Ognuno pensi quello che vuole e lo dica come vuole. Intanto, però, la vecchia regola giornalistica, almeno dei giornali che si definiscono indipendenti, di riportare opinioni diverse e metterle a confronto, per Il Mattino è saltata. |