A gennaio il confronto
tra La Penna e Garzilli

È DURATA POCHI minuti la prima udienza del giudizio avviato da Marisa La Penna nei confronti del Mattino per mobbing, demansionamento e danno biologico con una richiesta di risarcimento danni di 292mila euro.
Il 17 novembre davanti al giudice del lavoro del tribunale di Napoli Maria Rosaria Lombardi sono presenti Marisa La Penna con i suoi legali, Emilio Balletti e Nicola Maria Rettino, e l’avvocato del Mattino Marcello De Luca Tamajo. Balletti deposita la comunicazione dell’azienda che dal 28 ottobre l’ha collocata in cassa integrazione a zero ore, quindi il magistrato

chiede alla giornalista di spiegare i motivi che l’hanno spinta ad avviare l’azione giudiziaria.
La cronista comincia a raccontare il processo di progressiva emarginazione che ha subìto nel suo settore, la cronaca, guidata da Gianni Molinari. Viene però

Marcello De Luca Tamajo e Massimo Garzilli

interrotta da De Luca Tamajo che chiede al giudice di ascoltare Marisa La Penna in contraddittorio con il direttore amministrativo di fatto della società Massimo Garzilli. La richiesta viene accolta e l’udienza è interrotta con il rinvio delle parti al prossimo 12 gennaio alle ore 13.
Intanto Marisa La Penna è davanti a un bivio. Entro sessanta giorni dalla collocazione in cassa integrazione a zero ore, quindi per fine dicembre, deve decidere se firmare le dimissioni. In caso contrario perde i requisiti per il prepensionamento e rimane in cassa integrazione fino al termine dello stato di crisi, che salvo sorprese, scadrà il 31 marzo 2019. A quel punto l’azienda potrebbe decidere di procedere al licenziamento, ipotesi che appare improbabile dal momento che è in corso un giudizio per demansionamento e mobbing, o farla rientrare al lavoro in redazione. E, se non intervengono ulteriori innalzamenti dell’età per l'uscita dal mondo del lavoro, per lasciare il giornale e godersi la pensione sarà necessario aspettare l’ottobre del 2023 quando Marisa La Penna compirà sessantasei anni e sette mesi.