Pregiatissima Iustitia,
gli arresti degli editori del gruppo tv Italia Mia mi hanno fatto venire voglia di andare su google e recuperare le lettere al vostro sito che segnalavano le anomalie del praticantato di Valerio Ceva Grimaldi. Le ricordate? Forse furono le palle di neve dalle quali scaturì la valanga dell’inchiesta della Procura di Napoli. Chi scriveva le lettere ricordava che il praticantato di Ceva Grimaldi presso una tv del gruppo di Giuseppe Giordano si era svolto in contemporanea con il suo lavoro di staffista del presidente della Provincia di Napoli Amato Lamberti. Un contratto per il quale l’Ente Provincia richiede il vincolo di esclusiva. Anche il praticantato giornalistico, però, richiede l’esclusiva. Una doppia esclusiva? Un ossimoro. Peraltro non ci voleva uno scienziato per capire che qualcosa non quadrava, e bene fece il vostro sito – unico organo d’informazione, nell’assordante e connivente silenzio generale – ad accendere un faro sulla vicenda.
Secondo me la cosa interessante che emerge dal lavoro su google è questa: Iustitia registrò le diverse prese di posizione sul caso-Ceva Grimaldi da parte di alcuni consiglieri dell’Ordine della Campania in carica al momento della segnalazione (Umberto Nardacchione, mentre Ottavio Lucarelli preferì il silenzio) e di Franco Abruzzo, allora presidente dell’Ordine della Lombardia (dunque, non ‘elettoralmente’ interessato).
Abruzzo diede una risposta articolata e puntuale: “Non è possibile svolgere il praticantato quando si ha un contratto, anche di consulenza, in esclusiva con un ente pubblico come la Provincia di Napoli. Lo vietano gli articoli della legge 150 del 7 giugno 2000, che regola la comunicazione pubblica. Da questa premessa scaturisce che il riconoscimento del praticantato è nullo e per i consiglieri dell’Ordine regionale che, a conoscenza della situazione reale, avessero dato il via libera a una domanda di praticantato con doppia esclusiva (come praticante e come dipendente pubblico), si andrebbero a configurare ipotesi di reato. Resta anche da capire come una persona che lavora in esclusiva per un ufficio pubblico possa essere dipendente di un’azienda editoriale con un contratto da praticante e svolgere effettivamente il suo lavoro”. Bravo. Vorrei capirlo anche io. E’ proprio questa la domanda chiave: è possibile lavorare da due parti, otto ore qui, sette e dodici minuti là, tutti i giorni, per mesi, per più di un anno? Se sei Superman, non dormi e rinunci a ogni forma di vita sociale, forse sì. Forse. E proviamo a mutare leggermente la frase di Abruzzo su un altro praticante famoso del gruppo Giordano, l’assessore della Provincia di Napoli Francesco Emilio Borrelli: resta anche da capire come una persona che fa parte della giunta che gestisce la terza provincia d’Italia possa essere dipendente di un’azienda editoriale con un contratto di praticante e svolgere effettivamente il suo lavoro. Tra l’altro, tutti i giornalisti che assumono un incarico politico hanno il buon gusto di sospendere l’attività giornalistica: Badaloni, Marrazzo, Pionati, etc. etc. Borrelli no. Vorrei quindi una risposta a una semplice domanda, dettata dal buon senso: come faceva Borrelli a conciliare i massacranti impegni del suo assessorato all’Agricoltura e alla Protezione Civile con le sette ore di lavoro quotidiano come telereporter?
Domande. Che attendono risposte da anni. Ora, alla luce dell’inchiesta della Procura che parla di ‘simulazione delle assunzioni di giovani praticanti giornalisti’ da parte del gruppo Giordano, e fatta salva la sacrosanta presunzione di non colpevolezza di tutti i soggetti coinvolti, sarebbe il caso che uno strenuo difensore della legalità come il verde Borrelli, politico di punta di un partito che da sempre auspica trasparenza e limpidezza a tutti i politici e gli amministratori della cosa pubblica, inizi a dare qualche risposta. Una risposta che spazzi via per sempre ogni ombra sul suo personale praticantato e ogni sospetto di aver approfittato di un contratto di comodo per diventare giornalista professionista. Cordiali saluti.
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