La sentenza che
condanna l'Ansa

È STATA DEPOSITATA la sentenza che condanna l’Ansa per il licenziamento illegittimo del giornalista della sede di Napoli Maurizio Dente. Nelle tredici pagine della motivazione il giudice del lavoro del tribunale di Napoli Gabriella Marchese scrive che nel corso del giudizio di merito non sono emerse  “significative argomentazioni”, né “circostanze diverse e ulteriori”, rispetto alle decisioni, entrambe favorevoli al giornalista,  adottate con il rito d’urgenza (firmata dalla stessa Marchese) e con il reclamo (presidente del collegio Maria Della Rossa, giudici a latere l’estensore Luigi Ruoppolo e Dario Simeoli). L’unico dato nuovo rilevante è costituito

dagli “esiti della espletata consulenza medico legale”, affidata dal tribunale al professore Cosimo Passiatore, docente di Anatomia umana della Seconda università di Napoli, che “confortano la precedente decisione”.  La sentenza arriva dopo un passaggio


Orazio Abbamonte, Maurizio Dente e Stefano Russo

capitolino per il tentativo, fallito, dell’Ansa di spostare il giudizio davanti al tribunale di Roma e dopo l’accorpamento di due distinte azioni giudiziarie promosse da Dente: la prima per mobbing, la seconda per il licenziamento. Ed è una sentenza molto importante perché annulla il tentativo di mandare a casa un lavoratore non allineato, tentativo attuato con la pesante discesa in campo di quelli che nel luglio 2006 erano esponenti di rilievo del vertice dell’agenzia, con la quasi totalità dei redattori della sede di Napoli schierati al fianco dei vertici aziendali e con un cdr nella sostanza spettatore.
Sul licenziamento la conclusione del giudice è infatti netta: “Consegue che il licenziamento irrogato a Dente Maurizio in data 28 luglio 2006, non sorretto da giusta causa e/o giustificato motivo oggettivo, va dichiarato illegittimo con ogni conseguenza di legge in ragione della pacifica applicabilità alla fattispecie della tutela reale quale garantita dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori”.
Altrettanto netto è il giudice nel bocciare la richiesta di risarcimento per mobbing avanzata dal giornalista. “In definitiva, - scrive nella sentenza -  pur riconoscendosi un obiettivo disagio del ricorrente e anche una patologia in rapporto causale con gli accadimenti lavorativi, non vi è, per essi, responsabilità datoriale, difettando l’inadempimento, ovvero il compimento di una sequela di atti aventi oggettiva efficacia lesiva e animati dall’intento di nuocere. Conclusivamente il ricorso iscritto al n. 5544/2006 e la domanda risarcitoria di cui al giudizio n.472/2007 devono essere respinte”.   
Su questa seconda parte della sentenza esprime forti perplessità il professore Orazio Abbamonte che con l’avvocato Stefano Russo assiste Dente. 
“Noi riteniamo – dichiara a Iustitia Abbamonte – che ci sia una contraddizione tra aver riconosciuto l’illiceità del licenziamento e l’insussistenza nel medesimo tempo della condotta mobbizzante. E ciò perché a nostro avviso il licenziamento non è che l’atto finale di una condotta complessivamente discriminatoria nei confronti di Maurizio Dente. Quindi presenteremo appello”.